Tommaso da Celano: "Vita ritrovata" ("Vita brevior")

«Incipit epistola super vita beati Francisci. Venerabili et reverendo patri fratri Helie minorum fratrum generali ministro. Glorosissimi patris nostri Francisci vitam quam domino papa Gregorio iubente, sed te pater edocente».
Inizia così la Vita ritrovata («Vita brevior») di Tommaso da Celano, una biografia del santo di Assisi contenuta nel manoscritto: NAL 3245, oggi conservato nella Bibliotèque Nationale di Parigi.
André Vauchez, specialista di storia della santità medievale, afferma che, nel suo campo, si tratta della scoperta più importante dell'ultimo secolo.
E non c'è da dubitarne.
Il titolare della ricerca è il medievista Jacques Dalarun, autore di numerosi saggi su s. Francesco e su s. Chiara, un'autorità nel campo degli studi francescani.
A lui si deve il ritrovamento della vita inedita del poverello di Assisi.
La scoperta riapre la «questione francescana» e, dunque, ci costringe a fare un passo indietro per ripercorrere in breve una storia piuttosto accidentata, che ci riporta agli antichi dissensi nell'ordine dei Minori, tra «conventuali» e «spirituali», da cui venne fuori una moltiplicazione di biografie del fondatore, tutte «politicamente» orientate a restituire un'immagine tendenziosa di Francesco e dell'Ordine.
Nel 1260 (Francesco era morto nel '26) il Capitolo generale aveva affidato a s. Bonaventura da Bagnoregio il compito pacificatore di scrivere una vita ufficiale del santo assisiate: la Legenda di Bonaventura, che si rivelerà contraddittoria e piena di fantasticherie, sarebbe stata approvata nel 1263 con l'impegno di distruggere le vite non ufficiali, per mettere fine alle controversie.
L'autodafè fu purtroppo accuratamente eseguito, gettando nello sconforto i futuri studiosi di fonti francescane.
Ma nel 1768 fu rinvenuta una Vita prima di Francesco composta nel 1228, su sollecitazione di papa Gregorio IX, dal francescano e fine scrittore Tommaso da Celano (1220 circa - 1265), che aveva conosciuto il fondatore dell'Ordine.
L'opera del celanese tendeva però a esaltare la figura del potentissimo frate Elia, ministro generale dell'Ordine.
La delusione di molti seguaci impose al successore di Elia, Crescenzio da Jesi, di affidare nel 1244 allo stesso Tommaso una Vita secunda (ritrovata nel 1806), con la collaborazione di tre frati compagni di Francesco.
Ne venne fuori una biografia incerta e inattendibile, sia nelle lacune che nelle interpolazioni.
La decisione di espungere i miracoli avrebbe costretto Tommaso a rimediare, nel 1253, con un Trattato dei miracoli.
Ora, Dalarun ha trovato una redazione intermedia tra la Prima e la Seconda Vita.
Si tratta di una ricerca avviata nel 2007, quando Dalarun pubblicò, attribuendola a Tommaso e datandola tra il 1237 e il 1239, una Leggenda umbra, che raccontava gli ultimi due anni della vita del santo, cioè dall'episodio delle stimmate sulla Verna.
Il sospetto era che si trattasse di un frammento di una vita più ampia, fino ad allora ignota.
Infatti nel settembre del 2014, lo studioso riceve una mail di un collega dal Vermont, Sean Field, che gli segnala l'imminente vendita all'asta di un manoscritto nel sito di una prestigiosa galleria di New York, Les Enlumineurs.
Il codice, detenuto da una private continental collection, contiene una Vita di s. Francesco, che include la Leggenda umbra.
Nel decifrarlo, Dalarun scopre che l'autore dichiara di aver scritto la Vita prima: si tratta dunque niente meno che di Tommaso da Celano, il quale precisa che a raccontargli tutto è stato il famigerato Elia.
Tommaso aggiunge inoltre che, siccome alcuni lamentano di quanto la Vita prima sia troppo lunga, gli è stato chiesto di compendiarla: ed eccone il risultato, una Vita intermedia tra la Prima e la Seconda.
A quel punto, Dalarun si rivolge alla direttrice del dipartimento Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Francia, che afferra al volo l'importanza della scoperta, e per 60 mila euro compera quella che diventerà la vera Vita secunda.
Il volumetto, 120 x 82 mm, contiene diverse altre opere, tra cui una serie di Sermoni, le Ammonizioni di s. Francesco e un Commento del Padre Nostro.
L'origine italiana (probabilmente un convento francescano dell'Italia centrale) di questa sorta di «biblioteca tascabile» è fuori discussione, secondo Dalarun, e la sua compilazione si colloca nel decennio 1230.
Il codicetto, passato inosservato per tanto tempo, è arrivato indenne fino a noi forse proprio per la sua povertà: si tratta di un piccolo codice «francescano in senso letterale, umile e povero, senza decorazioni o miniature» ci spiega da Parigi l’autore della scoperta, a cui abbiamo chiesto di raccontarci i dettagli di una ricerca appassionante e piena di sorprese.
Di seguito alcune domande rivolte al medievista Jacques Dalarun.
* Come ha trovato il manoscritto?
Grazie alla mail di un collega, Sean Field, che insegna all’Università del Vermont ed è - colgo l’occasione per precisarlo - felicemente sposato: non è un frate francescano, come ho visto scritto sulla stampa in questi giorni!
Sean, sapendo che mi occupo da molto tempo delle testimonianze biografiche su Francesco, mi ha segnalato l’imminente vendita all’asta di un manoscritto che sarebbe potuto essere interessante.
E anche grazie all’accurato e intelligente lavoro di Laura Light, la studiosa che ha preparato la descrizione del manoscritto per la casa d’aste americana che lo ha messo in commercio, nel 2014.
Stavo cercando questo testo da sette anni: nel corso dei miei studi avevo trovato frammenti e tracce sparse, e tutto faceva pensare all’esistenza di una sorta di Legenda intermedia di Tommaso da Celano, successiva alla Prima stesura e precedente rispetto alla Seconda Vita che conosciamo, un’opera composta sotto il generalato di frate Elia.
Trovare questo testo è stata una conferma molto, molto preziosa, e, ovviamente, una grande gioia. Diciamo che questa scoperta è piovuta in un terreno pronto a raccoglierla.
*Quando ha capito che il testo latino che aveva davanti sullo schermo del suo pc non era solo un florilegio umbro di fine Duecento sulla vita di Francesco, ma un’opera inedita di Tommaso da Celano?
Decifrando il prologo; la stessa Laura Light nella sua descrizione del codice citava i miei studi, accennando alla possibilità che potesse trattarsi di una tessera importante di un mosaico ancora tutto da completare.
A quel punto la mia preoccupazione è stata rendere disponibile il testo agli studiosi; se fosse stato comprato da un privato questo non sarebbe stato automaticamente garantito.
Per questo mi sono rivolto alla direttrice del dipartimento Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Francia, che, dopo una trattativa con la casa d’aste, ha comprato il libro.
Nel frattempo ho potuto studiare in modo più approfondito il testo, e preparare l’edizione latina e la traduzione francese, avviando anche le traduzioni in italiano e inglese.
La notizia è uscita solo il 16 gennaio 2015 sulla stampa francese; non era opportuno renderlo noto prima, per non interferire con una negoziazione commerciale in corso, e ci tenevo anche ad avere un’idea precisa della collocazione cronologica e del contenuto del manoscritto.
* Ha trovato elementi interessanti nel testo?
E' un riassunto, scritto in un lasso di tempo che va dal 1232 al 1239, della prima versione della Legenda, considerata troppo lunga dai contemporanei, ma non solo: vengono aggiunti nuovi elementi e leggendo con attenzione risulta evidente che anche la riflessione dell’autore si è notevolmente approfondita nel tempo, soprattutto sui temi della povertà e dell’amore per le creature.
Tommaso da Celano era un uomo molto profondo e non ha mai smesso di riflettere sull’insegnamento di Francesco.
In un certo senso si potrebbe dire che il biografo, col passare degli anni, capisce... di non aver davvero capito il messaggio di Francesco.
Di averlo raccontato, ma non realmente capito.
Ed è un testo ampio: l’edizione latina è lunga circa sessanta cartelle. Molti commenti contenuti nella prima versione sono stati eliminati, e ci sono alcuni punti nuovi.
Si sottolinea molto di più la concretezza dell’esperienza della povertà, dell’experiri paupertatem non in senso simbolico, allegorico o solo spirituale, ma reale: significa indossare gli stessi vestiti e mangiare lo stesso cibo dei poveri!
E si approfondisce il tema della fraternità con l’intera creazione.
All’inizio Tommaso parlava di questo come di qualcosa di mirabile, strano e stupefacente, ma sostanzialmente estraneo alla sua esperienza.
Ben scritto, ma distante.
Nella riscrittura, invece, riflette sul fatto che la fraternità con la creazione riguarda anche gli esseri privi di ragione, non solo gli esseri umani; è un discorso anti-identitario.
Siamo diversi ma fratelli, perché tutti discendono dalla paternità del Creatore.
Per questo non sono d’accordo quando sento dire «Francesco amava la natura»: è un concetto pagano.
Francesco amava i suoi fratelli uomini e animali perché figli di uno stesso Creatore.
* C’è un punto che l’ha colpita in modo particolare?
Un episodio che già conoscevamo ma che viene raccontato in un modo un po’ diverso nella cosiddetta Legenda trium sociorum.
Questa che possiamo leggere adesso è probabilmente la versione più autentica e più antica.
Si parla di un viaggio di Francesco a Roma, ma non come il pellegrinaggio di una persona già convertita, che ha abbracciato la vita religiosa.
In questo caso viene raccontato un viaggio d’affari di un mercante, che resta colpito dalla povertà dei mendicanti che vede sul sagrato della basilica di S. Pietro, e si chiede se sarebbe in grado di vivere un’esperienza simile.
Niente a che vedere con la versione edulcorata, che si diffonde successivamente: Francesco, già frate, che si china sul dolore di chi incrocia sulla sua strada.
Qui il contrasto è molto più forte, non un graduale cambiamento ma un vero e proprio shock.
Tommaso aggiunge altri dettagli molto concreti e realistici: spiega che Francesco riparava i buchi nella sua tonaca usando fibre tratte dalla corteccia degli alberi e dalle erbe che trovava nei campi, proprio come faceva chi non aveva assolutamente nulla, neanche gli strumenti per cucire.
* Resta ancora da capire...
Il giallo è solo all’inizio: chi aveva in tasca questo libro? Per chi è stato fatto?
Probabilmente per un frate minore, vicino ad Assisi.
Chi poteva avere conoscenza di questi testi?
Frate Leone, o forse frate Luigi Pellegrini, tenendo conto anche del fatto che la Vita è solo quindici fogli, un ottavo del volume; nel manoscritto ci sono anche le Ammonizioni di Francesco e molto altro.
Ma c’è ancora tanto da capire.
E' interessante anche il momento storico in cui è riaffiorata dal passato questa testimonianza, in uno scorcio di secolo che ha tanti punti in comune con la grande espansione economica e le grandi sacche di povertà del Duecento.
E' un bel patrocinio da parte del primo Francesco per l’attuale papa, che recentemente ha posto in essere un’Enciclica sull’amore per il creato.
La notizia è una bomba, ma i suoi contorni sono ancora incerti.
Aspettiamo a gridare alla scoperta del secolo, con la riserva che potrebbe anche esserlo.
Ma andiamo per ordine.
***
Già da alcuni anni lo studioso francese Jacques Dalarun, uno dei più noti e reputati specialisti della vita e delle opere di Francesco d’Assisi - quando era ancora un giovane ricercatore attirò l’attenzione e quasi l’entusiasmo di un maestro raffinato e selettivo come Giovanni Miccoli - ipotizzava l’esistenza di alcuni testi cronistici, scomparsi o nascosti chissà dove, che avrebbero dovuto essere stati redatti all’incirca verso il quarto decennio del sec. XIII, e costituire il materiale su cui il primo biografo del santo, il minorita Tommaso da Celano (proprio lui, quello noto per la sequenza del Dies irae) avrebbe costruito dietro indicazione del ministro generale Crescenzio da Iesi, dopo il 1244, una seconda redazione del suo testo agiografico, che a suo tempo era stato composto nel 1228, in coincidenza con la canonizzazione di Francesco, e che è ormai noto come Vita prima.
Quella narrazione portava il segno della volontà congiunta del potente protettore dell’Ordine, il cardinale Ugo d’Ostia (futuro Gregorio IX) e di colui che di Francesco era stato il braccio destro, frate Elia da Cortona, il quale, negli anni a venire, avrebbe comunque seguito una sua dolorosa e tortuosa strada, fino a seguire l’imperatore Federico II nella sua lotta contro il papato.
Un’opera fondamentale, che pur aveva lasciato molto scontento e seminato molta perplessità.
Da tempo cercavamo l’anello di congiunzione testuale tra le diverse redazioni della fatica agiografica di frate Tommaso.
Ma ecco, in questa selva di testi e di varianti, il colpo di scena.
Nell’ottobre del 2014, Jacques Dalarun, messo sull’avviso dal collega Sean Field della State University del Vermont, rintraccia un codice che sta per essere battuto all’asta, e riesce a sottrarlo ai collezionisti o alle biblioteche concorrenti, grazie all’aiuto di Isabelle Le Masne de Chermont, direttrice del Dipartimento manoscritti della Bibliotèque Nationale di Parigi, la quale - come sopra riferito - se lo aggiudica al prezzo nemmeno astronomico di 60.000 euro.
A questo punto si avvia l’elaborazione di una complessa ipotesi che, in estrema sintesi, approderebbe all’individuazione di tre differenti strati redazionali (tre tappe, se vogliamo) della fatica biografica del celanense: la Vita prima, una redazione intermedia corrispondente al testo ritrovato nel Codice acquistato dalla Bibliothèque Nationale, infine la Vita seconda di questa complessa biografia dislocata, l’ultima parte della quale sarebbe il cosiddetto Tractatus de miraculis.
Resta forse da precisare, tra le moltissime cose, il ruolo di questo scritto stratificato in relazione alle testimonianze degli altri compagni di Francesco, quei socii noti per essere entrati in rapporto dialettico (per non dir talora polemico) con la prima redazione della Vita celaniana utilizzando la celebre pericope testimoniale «Nos, qui cum eo fuimus» («Noi, che siamo stati con lui»), ormai molti anni fa magistralmente indagata dal caro, compianto Raoul Manselli.
Un terremoto nelle fonti francescane, che obbligherà a una loro rapida messa a punto e riedizione per quel che attiene tutto quel mondo che Bonaventura da Bagnoregio, nel 1263, avrebbe voluto cancellare, per sostituirlo con la sua finalmente normalizzata Legenda maior, poi seguita da Giotto per gli affreschi della basilica Superiore di S. Francesco in Assisi?"
Il capofila internazionale degli studiosi della vita di Francesco, André Vauchez, si è prudentemente espresso al riguardo, ma ha usato tuttavia toni entusiasti che, pronunziati da lui, sono affidabili: questa che ormai tutti chiamiamo Leggenda Umbra dovrebbe situarsi, per quanto attiene la sua composizione, tra 1237 e 1239 e sarebbe davvero il crocevia nodale tra le differenti Vitae celaniane e le altre fonti, Legenda trium sociorum compresa.
E' presumibile che non cambi granché rispetto a quel che sappiamo della vita del povero di Assisi: ma scardinerà l’ordine logico-cronologico-testuale di fonti che ormai eravamo abituati a considerare quasi canonizzate nella loro sequenza e nei loro rapporti reciproci.
La storia non finisce mai!
