Il Cinquecento

 

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Il Cinquecento è secolo di lotta e di austerità per il Francescanesimo, che si divide per soffrire, per crescere, per edificare.
Nel primo ventennio continua ancora la lotta per la purezza della povertà: l'antagonismo tra Conventuali ed Osservanti giunge al punto da dividersi e separarsi completamente, in forza della bolla «Ite vos...» di Leone X (1517).

Dopo questa definitiva separazione vi fu in seno all’Osservanza un vero risveglio e rinnovamento interiore, che pullulò in nuovi rampolli: gli Alcantarini in Spagna; i Cappuccini e i Riformati in Italia; i Recolletti in Francia.
Tutti attratti da uno stesso ideale, da un unico desiderio di perfezione: ritornare alle origini, al primitivo fervore e rigore francescano; ritirarsi nei romitori per pregare, espiare, purificarsi ed elevarsi.

 

 

Tentativi di unione falliti

Egidio Delfini, assunto il governo dell’Ordine, si accorse subito che vi era bisogno di una vera riforma, perché innumerevoli abusi erano stati introdotti.
Da procuratore generale, egli aveva già richiamato l’attenzione dei capitolari nell’ottobre del 1500, deplorando amaramente il decadimento in cui si era a poco a poco scivolati. «Mettete fine - egli disse - alle corruttele, se avete a cuore il bene dell’Ordine, perché da ogni parte giungono al Papa e alla nostra Curia lamenti sulla nostra condotta (...)».

Eletto poi generale in quello stesso Capitolo (1500), iniziò senz’altro la sua azione riformatrice.
Per meglio riuscire nel suo intento, fece redigere nuovi statuti, approvati da Alessandro VI (detti perciò «Alessandrini»): essi miravano particolarmente alla riforma dei Conventuali e a ridare all’Ordine diviso la sua compattezza, riducendo ad un’unica Famiglia tutte le congregazioni francescane allora esistenti: Osservanti, Conventuali, Colettani, Amadeiti, Clareni e Scalzi.

Volendo attuare questo suo grande ideale di restaurazione e di unione, si mise in giro per l’Italia, la Francia, la Germania, il Belgio, la Spagna, etc., visitando a piedi le varie Provincie, incoraggiando, animando ed esortando tutti all’osservanza della Regola; trasferiva perfino i religiosi da una congregazione all’altra, per conseguire più facilmente il suo scopo.

Dopo così enormi sacrifici ed indefessa attività, ottenne finalmente da papa Giulio II di convocare, a Roma, un Capitolo generalissimo (29 maggio 1506), con l’intervento dei ministri e vicari generali di tutte le congregazioni.
Era questo l’ultimo sforzo e tentativo d’unione; ma svanì anch'esso: né i Conventuali vollero abbracciare la vita degli Osservanti, né questi intendevano vivere secondo le dispense dei Conventuali; sicché la grande adunanza si sciolse senza alcun risultato.
Il Delfini si dimise allora da generale.

Il suo progetto di riforma fu però ripreso dal suo successore, il padre Rainaldo Graziani.
Costui compilò degli statuti per soli «Conventuali riformati», dato che quelli che non aderivano alla riforma, non intendevano assolutamente rinunziare ai loro privilegi concessi da Martino V. L’intenzione sua era quella di unire gli Osservanti e i «Conventuali riformati», condannando i non riformati all’estinzione; ma anche questo intento sfumò: perché sebbene ciò fosse facile a ottenersi nella famiglia ultramontana, era inattuabile in Italia, dove i «Conventuali riformati» non convenivano con gli Osservanti su molti punti. Il papa, quindi, revocò gli statuti elaborati dal Graziani, riconfermando agli Osservanti tutte le loro esenzioni e prerogative.

 

 

Separazione tra Conventuali ed Osservanti

Le divergenze, intanto, tra Conventuali ed Osservanti si acuirono al punto da fare intervenire sovrani, principi, vescovi ed arcivescovi, i quali, scrivendo al papa, lo scongiuravano di far cessare i dissensi e dare all’Osservanza un ministro generale proprio.

E Leone X intervenne questa volta molto efficacemente.
Indisse un Capitolo generalissimo a Roma (1517), a cui dovettero partecipare tutte le Congregazioni francescane, nessuna esclusa. 

Essendosi aperta l’adunanza, il papa, che era presente, interrogò i capitolari se fossero disposti a vivere tutti lo stesso tenore di vita, con identica forma di abito e con costituzioni comuni.
Gli Osservanti risposero che vi avrebbero aderito, se i Conventuali avessero rinunziato ai possedimenti e alle rendite. Questi, invece, risposero che era loro diritto acquisito continuare a vivere secondo le concessioni avute dai pontefici.

Il papa, dopo avere ascoltato i pareri delle due opposte correnti, essendosi accorto che era impossibile venire ad un pacifico e scambievole accordo, emanò il 29 maggio (1517) la bolla «Ite vos in vineam meam», con la quale separava definitivamente i Conventuali dagli Osservanti, incorporando a questi ultimi tutte le altre congregazioni francescane esistenti, col titolo di «Ordine dei Frati Minori».

All’Osservanza fu dato il sigillo dell’Ordine, e fu ordinato che il generale dei Conventuali fosse chiamato «Maestro generale» e quello degli Osservanti «Ministro generale dei Frati Minori» (Solo più tardi, nel 1587, anche il «Maestro generale dei Conventuali» riassumeva il titolo di «Ministro generale»).

A mantenere ferme ed incontrastate le decisioni, il papa emanò un'altra bolla (12 giugno 1517), con la quale stabiliva che l’elezione del «Maestro generale» fosse confermata dal «Ministro generale», e quella del «Maestro provinciale» dal «Ministro provinciale», senza, però, alcuna ingerenza nel regime dei Conventuali: tutto al più poteva il generale visitarli, ma paternamente.

Anche la precedenza fu ceduta agli Osservanti, con breve pontificio del 6 dicembre 1517, che li riaffermava quali veri figli di s. Francesco, succedutisi ininterrottamente dall’approvazione della Regola in poi.
Così, tra le due grandi famiglie francescane - Conventuali e Osservanti - avveniva anche giuridicamente una netta separazione, per impedire la quale, i nostri più grandi santi e diversi pontefici avevano tanto lavorato.

 

 

Riforme più rigorose

Dopo la suddetta bolla di separazione, furono redatte le nuove «Costituzioni», e fu data un’altra circoscrizione alle Provincie, con proibizione di erigere in una stessa città più conventi di una medesima famiglia (o Conventuale o Osservante). 
Si permetteva soltanto l'apertura di «conventi di ritiro» (o di «recollezione», dal francese récolletions, cioè ritiri) per coloro che avessero aspirato ad una vita più raccolta ed austera.
La bolla leoniana, sebbene avesse separato definitivamente i Conventuali dagli Osservanti, tuttavia non poté impedire il sorgere di nuove congregazioni.

Quasi immediatamente dopo il Capitolo generalissimo del 1517, risorsero gli «Scalzi della Spagna», o meglio: nonostante la loro fusione con l’Osservanza, essi conservarono ancora la loro denominazione, i loro usi e statuti particolari.
S. Pietro d’Alcantara, «discalciato» anche lui, desideroso di maggiore austerità, si era separato dalla Provincia di S. Gabriele, che per quattro anni aveva governato come provinciale, e, mettendosi sotto la giurisdizione del generale dei Conventuali, fondava nel 1555 il convento di Petroso e poi altri conventi ancora, raggruppandoli in provincia nel 1561 con il titolo di «S. Giuseppe»
Nel 1562 egli e i suoi discepoli si riunivano all’Osservanza, o meglio, ai discepoli del b. Giovanni della Guadalupa, sotto la comune denominazione di «Osservanti Scalzi».

Con s. Pietro d’Alcantara i Discalciati ebbero un grande sviluppo: non solo si propagarono in tutta la Spagna, ma vennero anche a stabilirsi in Italia, soprattutto nei territori spagnoli in Italia.
S. Pietro d’Alcantara trasfuse nei suoi discepoli (che da lui prendono il nome di «Alcantarini»), il suo spirito di austerità e di penitenza, con la compilazione di severissime prescrizioni circa la povertà, i digiuni, le discipline e le veglie: piccoli dovevano essere i conventi e piccole le celle; rigorosissimi i digiuni ed austere le penitenze; proibizione assoluta dell’uso dei sandali ai piedi, dei sindaci apostolici, della carne (fatta eccezione per gli ammalati) e delle biblioteche.

Tra i più grandi riformatori di questo secolo sono anche da ricordare Francesco Ximenes e il generale Francesco de Angelis Quígnones: entrambi eletti cardinali. Il primo non solo riformò i Francescani, ma anche tutti gli altri Ordini religiosi nei domini spagnoli; il secondo attese alla riforma dei Conventuali, ma zelò particolarmente l'apertura di «Case di ritiro».

In Italia nel 1525 ebbe origine dall’osservante Matteo da Bascio la «Riforma cappuccina»,  riconosciuta canonicamente da Clemente VII tre anni dopo con la bolla «Religionis zelus»  del 3 luglio 1528. 
Il loro nome era «fratres minores de vita eremitica». Erano governati da statuti propri, compilati ad Albacina nel 1529 (sulla falsariga degli «Scalzi spagnoli»).
Questi statuti prescrivevano di vivere di elemosina, portare la barba e vestire un abito semplice col cappuccio acuminato e cucito allo stesso abito, senza il bavero rotondo davanti al petto.
La gente li chiamava «Cappuccini» dalla forma del loro cappuccio.
Il loro apostolato da principio era molto limitato: non attendevano al ministero delle confessioni dei secolari, ed era permessa la celebrazione di una sola messa giornaliera.

Contemporaneamente al sorgere dei Cappuccini, circa il 1529, germoglia in Italia, sempre dallo stesso tronco dell’Osservanza, il ramo dei «Riformati».
Nel 1532 alcuni frati, desiderosi di maggiore perfezione, ottennero dal papa Clemente VII il permesso di vivere in case di recollezione o di raccoglimento, sotto il governo di un proprio custode.
Vivevano una vita molto rigida: si cibavano di solo pane, erbe e frutta (i cibi cotti erano permessi due volte la settimana); digiunavano più quaresime durante l’anno, facevano circa due ore di meditazione quotidiana; recitavano, oltre l’Ufficio divino del giorno, anche quello della Madonna, dei defunti e i salmi penitenziali; ed osservavano la Regola secondo le «Dichiarazioni pontificie» di Nicolò III («Exiit») e di Clemente V («Exivi»), senza modificazione alcuna nella forma dell’abito. 

All'inizio erano pochi di numero; ma crebbero tanto, che Gregorio XIII, con la bolla del 1579, li sottrasse dalla giurisdizione del provinciale, ponendoli sotto l’immediata dipendenza del generale dell’Osservanza.
Più tardi, Clemente VIII concedeva loro un procuratore generale e dei visitatori indipendenti, detti apostolici.

Lo stesso movimento di riforma si attuava anche in Francia e in Germania.
In Italia essi ebbero il nome di «Riformati»; in Francia e nella Germania meridionale furono detti «Recolletti».
I Recolletti francesi ottennero di fondare una propria custodia nel 1590, costituendosi da quel momento in un ramo distinto dall’Osservanza, con statuti propri, approvati da Clemente VIII nel 1595.

Concludendo: in tutta la vita francescana del Cinquecento si riafferma il bisogno di rinnovare le antiche austerità per una nuova espiazione.
Anche questa volta il tronco francescano rinverdisce, sacrificando l'unità rigida alla libertà ed allo sviluppo, secondo la legge comune dell'esistenza, perché l'Ordine è una pianta viva e non una colonna immutabile.