Frati Minori in Toscana

Non è cosa facile tracciare a grandi linee un profilo giuridico, storico o sociale della Provincia Toscana dei Frati Minori.
Le cause di ciò sono molte e complesse, né sempre
concordabili fra loro, anche volendo essere globali e concilianti: il
quadro è grande e va posto a contatto non solo con quello della
sua regione, che è terra di patrie, ma anche con quelli delle
regioni limitrofe, specialmente dell'Umbria e dell'alto Lazio; i
particolari ambientali sono tanti e non sempre raggiungibili a
sufficienza; le figure che si incontrano lungo la strada e che
meriterebbero un'attenzione particolare sono ancora più
numerose; le vicende, particolarmente quelle dei primi tre secoli, non
restano chiuse entro i confini geografici locali, ma spesso
sconfinano in quelli di tutto l'Ordine, anzi dell'intero movimento
francescano, soprattutto dell'Italia centrale, per l'origine comune,
per il rapporto costante o almeno frequente col Santo Fondatore, per il
precoce rapido a ampio sviluppo degli istituti da lui fondati, i quali,
nonostante tutto, persistono ancora in forme, dimensioni e incidenze
notevoli.
Infatti il francescanesimo in genere,
l'Ordine dei Minori in specie e in prima linea, hanno in Toscana una
tradizione storica illustre e multiforme, ricca di memorie persone e
vicende ragguardevoli, spesso scritta e documentata anche se non
totalmente, e se la regione, nei suoi molteplici aspetti e avvenimenti,
ha influito fortemente su di esso, ne ha risentito di lui anche gli
effetti benefici, espressi e culminati nella vita di fede, nella
letteratura, nell'arte e nell'attività pastorale culturale, e
sociale.
Tutto considerato e messo a confronto con altri movimenti e istituzioni
religiose fiorite nella stessa regione, se ne deduce legittimamente e
storicamente che il francescanesimo è stato una solida
componente della civiltà toscana e in parte lo è ancora.
1. S. Francesco in Toscana e i primordi dell'Ordine
Nessun dubbio sul ripetuto passaggio e apostolato di Francesco in Toscana; terra che dopo l'Umbria, forse lo interessò più di ogni altra, perché troppo vicina e troppo affine alla sua per molte ragioni e quindi impossibile di esser da lui trascurata, tanto più se è vero che i suoi antenati venivano da Lucca.
Le «fonti» primitive e le altre narrazioni del Duecento e Trecento, da Tommaso da Celano a Bartolomeo da Pisa, ne sono testimoni ineccepibili, ai quali si aggiungono le tradizioni locali, più o meno solide, ma sempre confortate dagli immediati e numerosi insediamenti specialmente nell'oriente, nel centro e nel mezzogiorno, ma con estensione anche all'occidente a causa delle strade consolari o francigene di collegamento con altre regioni e nazioni.
Città, borghi e castelli
rivendicano la presenza di Francesco e la consacrano poi con una
fondazione stabile a lui dedicata.
Così la Toscana ha dovunque le sue numerose e belle chiese
francescane antiche, più o meno grandi a seconda delle esigenze
ambientali, ma tutte ricche d'arte o di memorie e facenti capo al
santuario della Verna e al tempio massimo di S. Croce in Firenze.
Si aggiungano inoltre alcuni romitori, sacri ai ricordi del santo e dei suoi primi compagni.
Sono noti i passaggi di Francesco fra il
1211 e il 1221 almeno nei territori aretino, senese e fiorentino; ma
all'attenzione della storia balzano specialmente gli ultimi suoi due
viaggi: quello del 1224 alla Verna, che culminò nel prodigio
delle stimmate e fece di quel monte il «calvario serafico», e quello del
1226 da Rieti a Siena, per la cura degli occhi, con ritorno ad Assisi
via Cortona, poco prima del decesso alla Porziuncola.
È tutto dire per i rapporti del santo con la nostra terra.
2. La «Provincia Tusciae» dei Minori
Quando nel 1217, in previsione di sviluppo e organizzazione, l'Ordine fu ripartito in Province, la prima si chiamò Tusciae, con una accezione etnica e una dimensione geografica un po' diverse da quelle della settima regione italica di Augusto, perché abbracciò anche l'Umbria e il Lazio almeno fino a Roma, ma di essa e della sua struttura primitiva conosciamo ben poco e del resto fu di beve durata, perché nel capitolo generale del 1230 risulta divisa in tre: propriamente detta, Ducato di Spoleto, cioè Umbria, poi S.Tuscia Francisci o Seraphica, e Ducato Romano poi Romana.
Infatti poco dopo queste due appariscono già distinte fra loro e dalla prima.
Ne segue quindi che se tutte e tre risalgono unitariamente a S.
Francesco, se ne deve considerare come fondatore effettivo e distintivo
il generale fra Giovanni Parenti (1227-1232), ritenuto tradizionamente
toscano, se non proprio fiorentino.
Da notarsi poi che la Provincia Tusciae, a sua volta, venne suddivisa da frate Elia in tre, di nomi, fisionomie e dati ignoti; però, caduto lui, nel capitolo del 1239 ritornò ad essere stabilmente una, ad opera del generale fra Alberto da Pisa.
Corrispondeva al territorio della Toscana attuale, più i
distretti di Sarzana, perché di qua dalla Magra, e di Castel
(poi Città) della Pieve, perché nella diocesi di Chiusi;
meno il distretto di Sansepolcro oltre il Tevere, perché nella
Massa Trabaria e nella diocesi di Città di Castello, cioè
nell'Umbria di allora, e meno il distretto aldobrandesco di Pitigliano,
perché aderente alla Provincia Romana.
Dal cinquecento in poi queste frange confinarie si regolarizzeranno col passaggio alle rispettive regioni.
Al capitolo generale del 1239 deve risalire anche l'incipiente e progressiva distribuzione della Provincia in Custodie, che verso il 1260 erano 7, articolate secondo lo schema degli antichi e noti cataloghi dell'Ordine fino a quello del Pisano e a quelli raccolti dal Tossignano, dal Wadding, dal Terrinca, dal Papini, dal Golubovich e dal Bunghetti; dai primi dei quali si rileva che inizialmente accedette ad essa anche la nascente Custodia poi vicarìa di Sardegna, a causa dei possessi e delle ingerenze di Pisa in quell'isola.
Questa Provincia apparisce quasi subito anche ricca di conventi grandi e piccoli, sorti e sviluppatisi precocemente, che già nel 1285 erano 45 e che nel primo quarto del Trecento raggiunsero la cinquantina e lì, più o meno, si fissarono.
La loro espansione, partendo dal Trasimeno, avviene per Chiusi, l'Amiata e la Maremma; per la Chiana verso Siena, la Valdelsa e Volterra; per Arezzo verso il Casentino, il Valdarno e Firenze, dove la marcia si divide in due direzioni: l'una lungo l'Arno fino a Pisa, l'altra lungo l'arco montano fino a Lucca e alla valle della Magra.
Questi itinerari però sono soltanto indicativi di uno sviluppo che, partendo da levante, raggiunge tutti i limiti confinali della regione, perché, in realtà, l'ordine delle fondazioni non corrisponde sempre alla configurazione geografica, ma procede a sbalzi in tutte le direzioni.
Prima di passare agli elenchi di dettaglio topografico, notiamo che gli insediamenti, estesi progressivamente a tutto il territorio e distribuiti con una discreta saggezza spaziale e politica, erano di tre tipi: suburbano, cioè nelle adiacenze delle città principali ed egemoniche e di quelle minori ma vescovili, dove sorgevano i nuovi borghi e il nuovo popolo venuto dalla campagna; castellano, nei pressi dei paesi o castelli di una certa consistenza sociale e retti o quasi a comune libero; agricolo o eremitico, cioè sparsi nella campagna o nelle alture, con sviluppo edilizio, personale ed economico piuttosto ridotto destinati alla vita di penitenza e di contemplazione e più rispondenti allo spirito del Santo Fondatore.
I primi due tipi costituiscono, in genere, i
«conventi», con vita regolare organizzata e attiva; quelli
del terzo tipo sono, in specie, i «luoghi» o eremi,
con vita e impegni più strettamente ascetici.
Però, nella elencazione, distinzione e nomenclatura i due termini non sono sempre costanti.
Notiamo ancora che agli insediamenti definitivi, specialmente dopo il 1221 e 1230, si arriva a poco a poco e in più tempi: presenze frequenti, ma provvisorie, occasionali e itineranti presso qualche casa o istituto ospitante; prima dimora fissa e comunitaria in modesti locali, ceduti ad uso esclusivo dei frati; residenza stabile più adeguata in questi ambienti o spesso in altri più comodi, venuti per donazioni, acquisti e sostituzioni, perché in alcuni casi si avverte il precedente storico, istituzionale o lameno strutturale.
Agli impianti planimetrici più vasti e alle strutture fisionomiche caratterizzanti si arriverà più tardi, specialmente nella seconda metà del sec. XIII e nella prima del XIV, con esperienze mature, possibilità garantite, istituzioni sicure e destinazioni solide, cioè con una evoluzione organizzativa che si va allontanando dall'ideale primitivo, per adeguarsi agli altri Ordini Mendicanti.
Infine, a parte la donazione della Verna nel 1213 e alcune soste di Francesco in località certe e ben note, pensare a fondazioni propriamente sue in esse e specialmente prima del 1221 è cosa storicamente ardua per mancanza di documenti e di testimonianze antiche e dirette.
La presenza itinerante, l'azione apostolica e l'irradizione
evangelica di lui, richiameranno l'attenzione dei popoli e prepareranno
il terreno morale; al ritorno e alla dimora stabile provvederanno i
primi compagni e gli altri discepoli nel progressivo moltiplicarsi dei
frati e nell'interessamento dei fedeli.
Riferendoci ora agli insediamenti fissi e al tempo della loro origine o prima notizia e tenendo conto delle tradizioni e delle date raccolte dal Pisano e dal Bughetti, fra il 1260 e il primo quarto del Trecento, l'aspetto topografico della Provincia Tusciae irisulta così definito e territorialmente distribuito.
Custodia Fiorentina:
Firenze - S. Croce (1221-28), ma con prima permanenza, almeno dal 1211,
nell'ospizio di S. Maria presso porta S. Gallo; Prato (1228);
Castelfiorentino in Valdelsa (almeno dal 1236); Figline Valdarno
(almeno dal 1229); Borgo S. Lorenzo (primitivo, ma di anno incerto);
Bosco di Mugello (comi: il precedente e già in atto da tempo nel
1273); Barberino d'Elsa o S. Lucia al Borghetto o Tavarnelle
(metà sec. XIII o poco dopo).
Totale n. 7, dei quali il Bosco è da considerarsi eremo.
Custodia Senese:
Siena (1236), ma già a S. Pietro Ovile di dentro e prima ancora
all'eremo dell'Alberino sul colle di Ravacciano, dove sostò il
Santo almeno nel 1226, se non anche avanti; Volterra (prima del 1252);
Sangimignano (1227, poi dal 1247 nella nuova sede); Colle Valdelsa
(1229); Poggibonsi (primitivo e già operante nel 1235); Asciano
(seconda metà del sec. XIII, se non prima).
Totale 6.
Custodia Pisana:
Pisa (prima del 1228); Pisa - S. Martino, presso le Clarisse (1337);
Vico Pisano (sec. XIII); Sarzana (almeno nel 1265); Pontremoli (sec.
XIII).
Totale 5.
Custodia Lucchese:
Lucca (1228); Pistoia (almeno 1232); S. Miniato (almeno dal 1228);
Pescia (circa il 1240); Fucecchio (1243-47); Carmignano (sec.
XIII).
Totale 6.
Custodia Aretina:
Arezzo (prima del 1226); Verna (donazione 1213, residenza almeno dal
1224, di tipo eremitico iniziale); Cortona (all'eremo delle Celle
almeno dal 1226, a S. Francesco verso il 1245); Castiglion Fiorentino
(prima del 1255); Poppi o Certondo (prima del 1262); Lucignano della
Chiana (circa la metà del sec. XIII); Montevarchi (1327);
Ganghereto (prima del 1226).
Totale 8.
Custodia Chiusina:
Montepulciano (prima del 1252); Castel (Città) della Pieve
(1279-82); Montalciano (prima del 1285); Chiusi (prima del 1226);
Sarteano (prima del 1226); Cetona (prima del 1226); Corsignano o Pienza
(sec. XIII); S. Quirico d'Orcia (sec. XIII); Piancastagnaio (all'eremo
delle Ripe presso Saragiolo 1221-27, presso il paese 1276); Radicofani
(1256); S. Processo (circa 1280); Colombaio (1221), eremo.
Totale 12.
Custodia Marittima:
Massa Marittima (verso il 1221); Grosseto (verso il 1221 o almeno prima
del 1233); Piombino (sec. XIII); Suvereto (1288); Castiglione della
Pescaia (circa il 1260); Montieri (sec. XIII, poi 1324).
Totale 6.
Questo complesso di 50 insediamenti si mantenne stabile per tutto il
Trecento, ma nel secolo seguente le cose cominciarono a cambiare.
Alcuni conventi risultano semiabbandonati o spopolati e si
riprenderanno col tempo; 8 verranno ceduti o passeranno stabilmente
agli Osservanti, come vedremo, cioè: Bosco, Verna, Cetona,
Sarteano, Colombaio, Poggibonsi, Lucca e Sarzana.
Così fino al 1517, perché alcune piccole tardive ed effimere fondazioni, come per es. Campiglia Marittima (1506-16), non ci interessano.
Più del problema topografico dei conventi è arduo quello anagrafico dei religiosi, degli ufficiali e dei capitoli, anche a voler cominciare dal 1239, quando la Provincia assunse la sua fisionomia definitiva.
In precedenza e dal luogo di origine si possono rivendicare ad essa
i generali Giovanni Parenti e Alberto da Pisa e il provinciale di
Inghilterra B. Angelo da Pisa, anche se operarono e morirono altrove,
ma che i primi due ne siano stati provinciali nel periodo iniziale
è solo probabile.
Certamente non lo fu frate Elia, che però può essere
aggiudicato alla stessa per la sua lunga e ultima permanenza a Cortona,
che presuppone una scelta da parte di lui.
Intorno al numero dei religiosi non abbiamo notizie, ma deve essere stato progressivamente cospicuo, a giudicare da quello delle residenze.
Dei provinciali esistono due cataloghi, uno del Terrinca e l'altro
del Papini, ma, almeno per il primo secolo, sono spesso incerti e
lacunosi.
Da essi si comprende che i ministri provenivano anche da altre Province
e che quelli toscani andavano a governare anche fuori; che, col passar
del tempo, venivano assunti dal gruppo dei lettori, predicatori e
inquisitori, passando da un ufficio all'altro e venendo così a
costituire una classe dirigente privilegiata e quasi
esclusivistica.
Di essi ricordiamo i principali: Tommaso da Pavia, detto
«Tuscus», storico e agiografo; Filippo da Perugia, legato
apostolico e poi vescovo di Fiesole; Arlotto da Prato, poi generale;
Antonio da Lucca, predicatore e scrittore di quaresimali; Giacomo del
Tondo da Siena, autore del primo e perduto tentativo di annalistica
dell'Ordine, ma fonte dei successivi; Pietro dell'Aquila detto
Scotello, teologo e poi vescovo nel regno di Napoli; Francesco da
Empoli, giurista ed economista; Angelo Salvetti, poi generale; Antonio
da Massa Marittima, generale e infine vescovo della sua città;
Francesco Sansone, teologo e poi generale; Giorgio Benigno Salviati,
letterato e teologo, poi vescovo in più diocesi.
Si può fare anche il nome del lettore e predicatore Gabriele da
Volterra, per il fatto che, risolutosi a condurre una vita più
povera e più austera, fu esempio di buon governo e
rifuggì da ogni forma di privilegio e di carrierismo.
Dei capitoli provinciali e dei luoghi dove furono celebrati si sa poco e ignoriamo un elemento anche parziale.
Sembra però che si siano svolti con una certa regolarità;
si conoscono le tavole di quelli del 1394, 1399, 1408, 1483 e frammenti
di altri.
Abbastanza nutriti i cataloghi dei custodi nelle raccolte del Papini.
Nella provincia di Toscana fiorirono presto gli Studi generali a
Lucca, Siena, Pisa e Firenze. Ne è testimone Salimbene da Parma,
che vi fu alunno fra il 1239 e il 1247.
Questi Studi furono spesso in collaborazione con gli istituti
scolastici delle rispettive città, mentre i lettori di S. Croce
di Firenze, dove avevano insegnato P.G. Olivi e Ubertino da Casale, dal
Trecento in poi fecero parte della Facoltà teologica fiorentina,
come ha documentato recentemente il Piana, scrivendo belle pagine di
storia culturale, ricche di docenti e studenti francescani.
È da questi ambienti che uscirono molti predicatori, dei
quali alcuni scrissero sermonari, come Iacopo da Tresanti e Niccolo di
Bertoldo Foscarani; non pochi trattatisti di cose filosofiche
teologiche giuridiche e spirituali o di cronache, come Gherardo da
Prato autore di un noto Breviloquium, Ugo Panziera scrittore di laudi e di opusculi ascetici, Giovanni de Caulibus autore delle Meditationes vitae Christi, Bartolomeo da Pisa compilatore delle novissime Conformitates,
Francesco Micheli del Padovano umanista; tanto per citare qualche nome,
avvertendo però che per queste come per le seguenti categorie di
persone è sempre necessario ricorrere agli elenchi del Terrinca,
dello Sbaraglia, del Papini e di altri, che se anche non mancano di
imperfezioni, sono però fortemente indicativi.
Per alcuni nomi e argomenti particolari esistono studi moderni ed
è stata raccolta, specialmente nelle riviste e collezioni
francescane, una copiosa documentazione.
Nella stessa Provincia si sviluppò precocemente anche la
vocazione missionaria verso il mondo arabico prima e mongolico poi,
sull'esempio di fra Benedetto d'Arezzo, provinciale di Terrasanta dopo
frate Elia.
Dei cinque protomartiri del Marocco e dei sette martiri di Ceuta, due
sono ritenuti tradizionalmente toscani, cioè Pietro da
Sangimignano e Donno da Montalcino, come tali venerati nei loro
paesi.
Per la Palestina il Rosati, nel volume Gli Araldi,
ne registra 16 nel sec. XIII, fra cui qualche martire; 7 nel XIV e 7
nel XV, ma in alcuni casi si tratta di provinciali, di legati pontifici
e di vescovi.
Per le altre terre del medio ed estremo oriente, il Paiotti, nello
stesso volume, ne elenca 13, fra i quali qualche vescovo o ambasciatore
o martire.
Insigne fra tutti Giovanni Marignolli da Firenze, prima legato del Papa
ai Tartari, poi vescovo e scrittore di cronache e viaggi.
Però, per una maggiore conoscenza di questi messaggeri del
Vangelo è doveroso ricorrere alle grandi raccolte missionarie
del Civezza, del Golubovich e della Sinica Franciscana.
Notevole inoltre in Toscana la presenza della santità di alcuni frati, più storica che canonica, come si può rilevare dal Provinciale O.F.M. vetustissimum, dal Catalogus sanctorum fratrum minorum, dal Pisano e dal Compendium chronicarum di Mariano da Firenze, senza citare gli elenchi posteriori e i Martirologi dell'Ordine, che sono meno attendibili.
Fra gli esponenti di questa santità Guido Vignotelli da Cortona, Giovanni da Fermo detto della Verna, Angelo da Pisa e Bartolomeo Pucci da Montepulciano, godono di culto pubblico approvato; e l'avrebbero meritato anche altri che sono stati oggetto di venerazione, come Benedetto Sinigardi in S. Francesco di Arezzo, Filippino detto di Castiglia al Colombaio e a Montalcino e il martire del gruppo di Tana Pietro da Siena in S. Francesco della sua città.
Un ufficio non congeniale all'Ordine, affidato alla Provincia nel
1254, e che almeno in parte nocque al suo buon nome, fu il tribunale
dell'Inquisizione, con sedi alternate a Firenze, Siena e Pisa.
Contrariamente alla precedente inquisizione domenicana, politicante e
faziosa, quella francescana fu più blanda, ma affaristica e
fiscale.
Alle condanne fisiche preferì spesso quelle pecuniarie, anche
postume, fino alle confische, ai ricatti e alle storsioni.
Sentenze e pene come quelle inflitte a fra Michele da Calci, a Cecco
d'Ascoli e ad altri, in collusione col potere civile, non le fanno
onore, e inquisitori come lo Scotello e Mino da S. Quirico furono
tutt'altro che esemplari.
Di questi ufficiali della Chiesa, alcuni entrarono in lite coi comuni o
coi vescovi per affari di denaro o per questioni politiche, altri
furono oggetto di polemiche da parte di giuristi e letterati, altri si
servirono dell'incarico per interesse o prestigio personale o per fare
carriera.
Molti di essi sono noti e acquisiti ai cataloghi del Terrinca e del
Papini, ma col tempo e specialmente con l'avvento del granducato
persero di importanza, anche se alcuni furono uomini di valore.
Per quanto riguarda l'apostolato comune è da segnalarsi
l'assistenza, non sempre edificante, ai numerosi monasteri di Clarisse,
alle fraternità associate o comunitarie del Terz'Ordine e alle
compagnie laicali, spesso esistenti presso i conventi o comunque in
area francescana.
Ve ne sono state di insigni quasi in tutta la regione, dove hanno
svolto opera penitenziale, culturale e assistenziale per secoli,
anche in mezzo a contrasli e difficoltà, come nel Trecento e
Quattrocento.
Alle offerte di questi sodalizi, che ebbero sempre persone influenti nella società, deve molto lo sviluppo edilizio delle singole case religiose e particolarmente delle chiese.
Connessi coi problemi del governo e degli studi sono quelli degli archivi e delle biblioteche.
Per il primo non ci risulta ancora che esistesse fino da principio o
quasi un archivio centrale organizzato, con pergamene, carte e
registri.
Ci fu in epoca più tarda ed era a S. Croce di Firenze, ma
è andato disperso in gran parte, come i fondi dei singoli
conventi, in seguito alle soppressioni leopoldina del 1782, napoleonica
del 1808-10 e italiana del 1866.
Molto materiale è ora conservato negli Archivi di Stato di Firenze, Siena, Pisa e in altri comunali.
Buone raccolte di pergamene antiche sono ancora presenti alla Verna, a
S. Francesco di Lucca, nell'archivio provinciale dei Minori Conventuali
e in quello dei Frati Minori.
Anche le biblioteche hanno subìto la stessa sorte; erano
notevoli per manoscritti e incunaboli quelle dei quattro Studi generali
e specialmente di S. Croce in Firenze e di S. Francesco a Siena, i
resti delle quali sono passati alle biblioteche pubbliche delle
rispettive città.
Il processo di «conventualizzazione», cioè l'adattamento della Provincia alle dispense e ai privilegi riguardanti la povertà francescana, era già in atto almeno nelle residenze provinciali e ad opera della classe dirigente di ministri, custodi, lettori e inquisitori, nell'ultimo quarto del Duecento, quando in seguito al ricordo della presenza nella regione di Ugo da Digne prima, alla propaganda dell'Olivi e di Ubertino da Casale, poi si formò nel centro di Toscana una forte corrente di Spirituali in difesa della Regola e del suo ideale.
Ne seguirono, all'inizio del Trecento, diffidenze, reazioni e vessazioni da parte dei primi; proteste, occupazioni di case e rivolte da parte dei secondi, fino a quando, fra il 1312 e il 1316, si arrivò all'aperta ribellione, alle condanne senesi e alle conseguenti fughe degli Sprituali in Sicilia e altrove, seguite dalle riprobazioni papali del 1317 e 1318 nei loro confronti, come eretici e scismatici.
È una storia conosciuta e penosa di eccessi e diletti da ambo le parti, sulla quale non intendiamo fermarci, anche perché dovremmo estenderla alle altrettanto note vicende dei Fraticelli, che ripetutamente afflissero la regione per più di un secolo, provocando riscosse e condanne, oggi discutibili come le precedenti.
Il vero conventualismo venne dopo e si affermò dalla secondi
metà del Trecento in poi, specialmente a causa delle tristi
vicendi della Chiesa e dell'Ordine.
Qui però non bisogna esagerare, perché molti indizi ci
inclinano a ritenere che almeno nei conventi più piccoli e
periferici, specialmente del territorio senese, si conducesse una vita
regolare di disciplina e povertà, anche per la scarsa
possibilità di fare il contrario.
Così, per es., quando in seguito a contatti con S. Caterina, il
ricco, privilegiato predicatore e lettore fra Lazzarino da Pisa si
«convertì» ad una condotta più austera e
distaccata, lasciò tutto a Siena e si trasferì al
Colombaio, segno che in quell'eremo si viveva allora o si poteva vivere
da veri francescani.
Nel Quattrocento e fino alla divisione del 1517, non si conoscono
eventi di grande rilievo, a parte alcune vertenze e le sempre
più rarefatte relazioni con gli Osservanti.
Si avvertono un vistoso sviluppo di chiostri e annessi, un calo della
disciplina comunitaria dell'apostolato e dello studio, la tendenza ai
titoli e uffici, l'estinzione o quasi della vita missionaria, casi e
forme di servilismi verso i potenti e un più accentuato
dislivello sociale fra la classi dirigente e i religiosi ordinari, fra
i conventi grandi e centrali e quelli piccoli del contado, spesso
trascurati o sfruttati dai primi.
Però, alcuni ricorsi di comuni e di vescovi ai capitoli
provinciali o ai superiori maggiori sono di carattere locale e il
triste quadro disciplinare, tracciato da Francesco Micheli del
Padovano, non si può generalizzare.
Infine la scissione dei senesi dai fiorentini per motivi politici verso la fine del Quattrocento fu di breve durata.
Nonostante questi aspetti o episodi negativi, contro i quali insorsero i frati migliori, la Provincia Toscana della «Communita Ordinis» (Minori Conventuali) riuscì a riprendersi bene e a proseguire il suo cammino storico, specialmente nel campo culturale, degna quindi di tutto il rispetto.
È la Provincia madre sì, è vero ma fino ad un certo punto, perché, come vedremo, la figlia si fece in gran parte da sé e, a quanto sembra, di Conventuali ne incorporò pochi, anche se alcuni furono eminenti.
3. La Regolare Osservanza e la sua Provincia
L'itinerario che percorse l'Ordine per espandersi in Toscana, lo
ripercorse il movimento dell'Osservanza, che assunse in un secolo e
mezzo circa, quasi la stessa fisionomia topografica di insediamenti del
passato.
Questi però sorsero più distanziali dai centri, diremmo
più eremitici, con strutture edilizie umili semplici e povere,
che dovevano ricordare quelle primitive ed esprimere, insieme al tenore
di vita delle comunità e dei singoli frati, il carattere di
restaurazione francescana per cui il movimento era sorto.
Il territorio è quello stesso dell'antica Provincia Tusciae, frange confinarie comprese, e identica ma più duratura la situazione iniziale, che vede gli Osservanti umbri e toscani governati da un'unica gestione commissariale e vicariale fino al 1441, con un forse non sempre facile compromesso fra le rispettive due Province regionali, sotto l'alta vigilanza del ministro generale.
Infine, le vicende dell'Osservanza toscana sono molte e assai complicate, ma hanno la fortuna di avere una storia scritta e conosciuta ad opera di Mariano da Firenze e del Pulinari fino al 1582, del Terrinca fino al 1680, di altri fino ai tempi presenti; narrativi i primi due, annalistico e geneologico il terzo, sommari e statistici i seguenti.
Nota e pubblicata è anche la legislazione antica e moderna, e
così una ricca documentazione di persone e cose, sparsa in
monografie e articoli.
Queste vicende noi le presenteremo brevemente per quadri, come abbiamo
fatto sopra, dopo aver tracciato le origini e l'assestamento primitivo.
La Regolare Osservanza entra in Toscana con le carte in regola e senza contrasti iniziali.
Il primo convento, S. Margherita di Cortona, è accettato nel
1392 dal provinciale Enrico Martini, che però lo affida agli
Osservanti; la fondazione di Fiesole, nel 1399, avviene ad iniziativa
di essi col loro commissario-vicario fra Giovanni da Stroncone, ma
è approvata dal provinciale Marcovaldo Portigiani, che nel 1400
donerà agli stessi gli eremi del Colombaio e di S.
Processo.
Quest'ultimo verso il 1416 se lo ripresero i Conventuali locali senza cederlo più.
Fra Giovanni Ristori conquista all'Ordine S. Bernardino nel 1402, ma
lo indirizza al Colombaio e lì chi orienta l'Albizzeschi alla
predicazione e alla propaganda dell'Osservanza sono lo Stroncone e
Angelo da Monteleone, col consenso del ministro generale.
La donazione del romitorio senese della Capriola ad opera di
Bernardino, nel 1404, avviene con l'intervento dello stesso Stroncone,
l'approvazione del provinciale Angelo Salvetti e la licenza della
comunità minoritica di Siena, a cui apparteneva il Ristori.
Partito lo Stroncone per la Puglia verso il 141, gli succede nell'ufficio Niccolò da Uzzano, fiorentino, fino al 1414.
Nell'Osservanza l'Albizzeschi fu inizialmente guardiano di Capriola
e probabilmente anche al Colombaio; vicario provinciale per la Toscana
e l'Umbria dal 1414 al 1417; commissario direzionale e disciplinare
nell'alta e media Italia, per la propaganda, l'organizzazione e le
fondazioni, eletto dal generale Angelo Salvetti nel 1421, confermato
dai generali Antonio da Massa Marittima nel 1424 e Guglielmo da Casale
nel 1430.
In forza di questa mansione fiduciaria, anche se non proprio
giurisdizionale, nel giugno 1424 convocò il primo capitolo
vicariale di Toscana e Umbria, venne invitato a partecipare a quelli
generali di Assisi (1430) e di Bologna (1434) e a quelli degli
Osservanti dello stesso tempo, e si devono alla sua azione il sorgere
di molti conventi e il fiorire e molte vocazioni.
Dal 1438 al 1442 fu vicario e commissario generale degli Osservanti
d'Italia, eletto dallo stesso Guglielmo e Casale e confermato da
Eugenio IV.
Egli è il francescano più illustre della regione;
l'uomo a cui la terra nativa impresse nell'ingegno, nella cultura,
nell'espressione e nell'azione il carattere inconfondibile della
più schietta toscanità.
Alle fondazioni in Toscana operarono con lui i vicari Uzzano e Angelo
da Civitella della Chiana, il B. Ercolano da Piegaro e il B. Tommaso.
Visti gli inizi e i primi insediamenti, sorvolando su quelli
che risultarono inutili o impossibili e furono subito abbandonati,
diamo un elenco cronologico di tutte le residenze stabili, senza
preoccupazioni custodiali, perché gli Osservanti non diedero
importanza alle vecchie Custodie.
Sono: Cortona (1392), Fiesole (1399), Colombaio (1400) dai Conventuali,
la Capriola (1404), Sargiano (1406), Giaccherino (1407), Bibbiena
(1410) già ospizio della Verna, S. Salvatore al Monte di Firenze
(1418), Scarlino (1420) dai Fraticelli, Nave di Montorsaio (1425) dagli
stessi, Scansano (1425) dagli stessi, Castiglion Fiorentino (1427),
Pisa (1427), Bosco di Mugello (1428) dai Conventuali, Montecarlo
Valdarno (1429), Verna (1431) dagli stessi, S. Cerbone di Lucca (1434),
Barga (1434), Castelnuovo Garfagnana (1434), Palco di Prato (1439),
Cetona (1440) dai conventuali, Poggibonsi (1442) dagli stessi, Vetreta
(1445), Volterra (1445), Sinalunga (1449), Lucca (1954) dai
Conventuali, Fondecastello di Montepulciano (1459), Sarzana (1462)
dagli stessi, Sarteano (1463) dagli stessi, Massa Ducale (1476-77), La
Spezia (1481), Grosseto (1482), Empoli (1482), Doccia di Fiesole
(1482-83) dai Terziari e Conventuali, Belverde (1487) dai Terziari,
Fivizzano (1438 e 1489), Selva di S. Fiora (1490), S. Casciano
Valdipesa (1492), Foiano della Chiana (1492), Radicondoli (1429 e
1493), Montalcino (1493-9-4), Pescia (1494), Pietrasanta (1496) dai
Terziari, S. Vivaldo (1514), Castel poi Città della Pieve
(1512), Incisa Valdarno (1510-16), Pontassieve (1519-20), Borgo a
Mozzano (1514 e 1523), S. Piero in Bagno (1522-23), Montefollonico
(1528), Anghiari (1543 e 1563), Ognissanti di Firenze (1531 e 1561).
A titolo di curiosità ricordiamo che nel 1568 i frati si dovettero interessare anche di tre conventi dei soppressi Amadeiti, cioè Colle Valdelsa, Montughi e S. Jacopo sull'Arno in Firenze, ma li lasciarono quasi subito perché superflui e quindi non li contiamo, come previsto.
Pertanto, premesso che delle date qui indicate alcune sono assolute
almeno come tempo di accettazione, altre sono un po' oscillanti ma
molto vicine al vero, altre rivelano un doppio inizio con interruzione
intermedia; premesso inoltre che un catalogo riportato negli Annales
del Wadding all'anno 1506 enumera 44 conventi effettivi; premesso
infine che fra il 1506 e il 1510 quelli di Sarzana e di La Spezia, dopo
vertenze confinarie, furono passati alla Provincia di Genova e fra il 1560-63 quelli di Castel della Pieve e di Scansano vennero ceduti alle Province dell'Umbria e di Roma, quando nel 1582 il Pulinari terminò la sua Cronaca,
l'Osservanza toscana contava 50 conventi in atto; prova indiscussa di
uno sviluppo precoce e di un successo immediato anche nel numero dei
religiosi.
Di questi insediamenti, oltre a quelli pervenuti liberamente o per
volontà dei comuni dai Conventuali o dai Terziari Regolari, gli
altri si devono all'iniziativa dei popoli, di enti o di privati
facoltosi, che vollero i frati vicini alle loro terre.
Questi accettarono quando lo ritennero opportuno e senza pressioni o
invadenze, anzi qualche volta rifiutarono o si ritirarono onestamente,
anche se con rammarico.
Dopo il Pulinari e fino al 1680 segnaliamo: Nassa in
Casentino (dal 1588 al 1654), Butinaccio di Montespertoli (1588),
Castevoli in Lunigiana (1605) dai Conventuali Riformati, Livorno
(1607), Fucecchio (1611), Carrara (1626) dagli stessi, S. Pietro in
Grado a Pisa (dal 1636 al 1655) dai Riformati che l'avevano dal 1625,
Cascina (1666).
Tutti sono presenti in una bella tavola topografica della regione,
ordinata dal provinciale Biagio Dolci, disegnata dal p. Andrea
Mencarelli e incisa su rame a Siena da Domenico Costanzi nel 1672, il
cui originale si conserva all'Osservanza di Siena.
Ritoccata più tardi con l'aggiunta di alcune nuove residenze, fu
pubblicata più volte e in più formati.
È tipica per le sue caratteristiche stilistiche e descrittive e anche per alcune inesattezze e lacune.
Quando nel 1680 il Terrinca terminò il suo Theatrum genealogicum e la sua Historia chronologica, i conventi formati erano 44, perché 11 erano stati ceduti ai Riformati, come vedremo.
Da allora e senza contare la breve presenza a S. Galgano, la situazione
si mantenne stabile per oltre 70 anni, meno le residenze di S.
Salvatore al Monte alle Croci e del Palco di Prato, passate agli
Scalzetti o Riformelli del Palatino, per volontà del granduca
Cosimo III fra il 1709 e il 1712; misura discutibile e bigotta,
determinata dai motivi politici dell'assolutismo d'Oltralpe, come
già era avvenuto per gli Alcantarini di Castiglia, insediati
dallo stesso all'Ambrogiana presso Montelupo nel 1678.
I rivolgimenti cominciarono dal 1753 in poi con i primi abbandoni in
Maremma (Nave, Grosseto, Massa Marittima), proseguono con le idee e poi
le leggi leopoldine, del 1782-88, esplodono con l'invasione francese e
culminano con la sappressione napoleonica del 1808-10.
All'atto della restaurazione, fra il 1815 e il 1830, 15 conventi antichi e 3 sostitutivi non furono riaperti.
Si aggiunsero S. Cerbone (1821) e 3 sostituzioni in luogo o quasi (S. Sepolcro, già dell'Umbria; Pieve S. Stefano, già dei Cappuccini e Massa Marittima, già degli Agostiniani) e le cose si mantennero tranquille fino al 1860, quando cominciarono le occupazioni militari o civili, seguite dalla soppressione del 1866.
Dal 1868 in poi avvengono i riscatti, qualche sostituzione sul posto
(Soliera di Fivizzano) e qualche nuova fondazione, ma si ebbero altre 4
perdite (Pieve S. Stefano, Pontassieve, Montalcino e Massa M.).
Inoltre gli assestamenti delle 3 e poi 4 Province toscane, seguiti
all'Unione Leoniana del 1897 e durati fino al ripristino del 1916,
sconvolsero residenze, confini e fisionomie un po' dovunque, come
vedremo.
Quando nel 1946 la Provincia ex-Osservante, ricomposta nel 1916,
accedette alla fusione con quella ex-Riformata, ugualmente ricomposta
nel 1916, contava nella regione e frangia romagnola 36 conventi, dei
quali 4 sostituzioni in luogo, 2 accessioni (Camaiore e Borgo a
Mozzano) della Provincia Lucchese, 4 fondazioni recenti (S. Leone a
Firenze, Piombino, Montecatini Terme e Marina di Pietrasanta) e il
vecchio ospizio di Giaccherino in Pistoia, elevato a residenza.
Poiché in questa sede è impossibile scendere ad altri
particolari, l'elenco finale del 1946 farà conoscere le ultime
variazioni e i nuovi acquisti stabili.
Ma ormai, e il discorso vale anche per l'altra Provincia, restando nei termini testuali diciamo: Quanto mutatus ab illo!
Dalle origini fino al 1517 non si registrano fatti di grande rilievo.
I capitoli risultano celebrati, dal 1424 in poi, quasi regolarment,e e
in quello del 1441 S. Bernardino, allora vicario generale, di una
vicarìa ne fece saggiamente due, Umbria e Toscana, superando
così imbarazzi e difficoltà coi provinciali.
La triste vicenda di Girolamo Savonarola nel 1498, coinvolse contro di lui solo i frati di Firenze (S. Salvatore al Monte e S. Croce), non quelli di fuori, e quindi l'opposizione francescana va ridimensionata, anche perché dopo conosciuta la tragica fine di lui, sembra che vi siano state forti rimostranze, specialmente a Siena, nei riguardi di quell'intervento, anche se questo non fu del tutto ingiustificato.
Intanto già dal 1488, per un'imprudenza capitolare dei
religiosi senesi contro l'incipiente espansionismo egemonico di quelli
fiorentini, appoggiati dal loro Stato, si crearono tre partiti:
fiorentino, senese e lucchese.
Il secondo e il terzo si allearono in difesa contro il primo, e nei
capitoli successivi si tentò sempre un equilibrio politico
elettorale, adottando il sistema delle alternanze, ma si ebbero anche
vivaci discussioni, accuse vicendevoli e tentativi di sopraffazione, se
non proprio di rivolta.
Fu un fenomeno storico che, tra la fine del Quattrocento e l'inizio del
Cinquecento, riguardò in Toscana un po' tutti gli Ordini
Mendicanti.
L'elevazione della vicarìa a Provincia nel 1517, e la
crescente pressione dello Stato di Firenze verso gli altri acuì
il dissidio, e nel 1521 i frati fiorentini chiesero la divisione.
Il capitolo di Carpi non la concesse, ma permise due governi, che nel
1523 il capitolo di Burgos trasformò in due Province e quello di
Assisi del 1526 in tre: Senese, Fiorentina, Lucchese, con i conventi e
i nativi delle rispettive aree geografiche.
Nel 1530 la Provincia di Lucca si riunì a quella di Firenze, ma
questa e quella di Siena restarono divise per 40 anni.
Nel capitolo celebrato alla Verna nel 1563, la Provincia tornò
ad essere una, anche perché lo Stato di Siena apparteneva ormai
ai Medici, come quello fiorentino, pur conservando nominalmente la sua
fisionomia e una certa autonomia amministrativa.
Pochi anni dopo le vertenze di parte ripresero, e si aggravarono nel
1580, quando la Provincia adottò la distribuzione
custodiale.
Però, anziché 7, le Custodie furono 4: fiorentina, senese, aretina e lucchese.
La cosa non piacque ai frati della prima, che volevano più
conventi per loro o più custodie, e così, dopo 10 anni,
chiesero di nuovo la separazione dai senesi e l'ottennero nel capitolo
di Napoli del 1590.
Il nuovo stato di cose si protrasse fino al 1603, e da allora la Provincia restò unita fino al 1898, salvo gli anni 1788-1802, nei quali i lucchesi, in forza delle leggi leopoldine, furono costretti a vivere separati in una ridotta Custodia provvisoria.
I dissidi perdurarono ancora nel Seicento, ma poi si andarono
calmando anche a causa delle crescenti ingerenze e pressioni
dell'assolutismo granducale.
Si stabilì così un equilibrio politico, che tenne conto
delle alternative e delle esigenze d'ogni singola parte, con qualche
limitazione per i lucchesi, perché considerati
«esteri»!
Il resto: invadenze, soppressioni, restaurazioni, rivolgimenti e riprese, sono cose già viste.
Il 17 marzo 1853 la Provincia Tusciae O.F.M. Reg. Obs., scelto come patrono S. Bonaventura, ne adottò il nome ufficialmente e, come tale, fu chiamata in seguito.
L'elenco dei vicari è stato ricostruito; quello dei ministri è sempre stato completo.
L'uno e l'altro sono pubblicati e vantano persone benemerite per
governo, dottrina, virtù e uffici superiori nell'Ordine, ma
anche qualcuna mediocre e discutibile.
Il numero dei religiosi fu sempre rilevante, ma i cronisti citati e gli Atti più antichi non lo danno.
Nel 1680 erano più di 800 e nel 1773, 839; poi calarono in
seguito alle leggi restrittive e alla soppressione napoleonica, ma nel
1862 erano risaliti a 900, per discendere di nuovo a cifre più
basse, a causa della soppressione italiana e delle sue
conseguenze.
Col 1892 cominciano gli Schematismi a stampa, l'ultimo dei quali (1939) reca 427 nomi.
Intorno allo stato disciplinare, a parte due sommosse lucchesi nel
Seicento delle quali parla il Terrinca, non si hanno notizie
dettagliate e rilevabili, esclusi i periodi giansenistico e
risorgimentale, che coinvolsero alcuni, e dopo le soppressioni suddette
la maggior parte dei frati rientrò nei conventi.
Infine, dalla seconda metà del Quattrocento alla prima del
Settecento, si svolge dovunque un notevole sviluppo edilizio a stile e
struttura omogenea di tipo rinascimentale, con numerose architetture e
opere d'arte di vario livello, ma tutte di pregio e oggi molto
studiate, a differenza delle costruzioni posteriori, che sono assai
meno significanti.
Scendere ai particolari, spesso illustrati in buone monografie, è lungo ed estraneo al nostro compito.
Dietro la spinta iniziale di S. Bernardino, nell'Osservanza toscana,
dal tardo Quattrocento in poi, si organizzarono in forma articolata le
case di formazione e le scuole, di cui alcune preminenti e settoriali
come nei conventi principali, fino alla creazione degli Studi generali
di terza categoria che, previo concorso pubblico, crearono i lettori e
i predicatori.
Notevoli quelli periodici di Pisa, Firenze e Siena e quello permanente
di Lucca fino al 1860. Dopo si ha l'adeguamento alla legislazione
generale riveduta, ma la distribuzione per ambienti distinti e classi
alternate restò in vigore fino al 1946.
Intanto nel 1873 era sorto il collegio serafico di Giaccherino, al
quale si aggiunse nel 1927 quello superiore del Bosco dei Frati.
In questi Studi si formarono e insegnarono trattatisti di un certo
rilievo, come per es. l'umanista e dantista Bartolomeo da Colle, il
teologo scotista Giuseppe Pitigiani, lo storico Ludovico da Pelago, il
letterato Francesco Frediani e il filosofo Alessandro Baroni, assai
conosciuti.
Vissero molto e operarono in Toscana il poligrafo Marcellino da
Civezza, il suo collaboratore Teofilo Domenichelli e il molto noto
Girolamo Golubovich, storico di Tezzasanta.
Sempre dietro la spinta dell'Albizzeschi e a cominciare dai suoi
discepoli come Alberto da Sarteano, Silvestro da Siena e Giovanni da
Prato, fra gli Osservanti toscani fiorì sempre la predicazione,
spesso associata con l'insegnamento e gli scritti.
Ricordiamo nel Cinquecento Evangelista Cerbi detto il Marcellino,
ecclesiaste di Aracoeli, e Giovanni da Stia; nel Seicento Evangelista
Traversari, facile narratore; nell'Ottocento il moralista Emidio
Cardini.
All'apostolato della parola, dal Cinquecento in poi, si andò
unendo quello della cura d'anime, e nel 1946 le parrocchie regolari
della Provincia erano 14, di cui alcune di recente fondazione.
Tre però, alla fine dell'Ottocento, vennero forzatamente abbandonate con i rispettivi conventi.
Notevole anche l'assistenza ospedaliera, prima saltuaria come in tempi di peste e specialmente nel 1630-33, poi stabile in alcuni centri come a Siena fino al Settecento inoltrato, a Firenze e a Livorno in epoca moderna.
In quella sociale si distinsero alcuni religiosi dello scorso e del presente secolo, che operarono in mezzo al popolo, ai ciechi, ai carcerati e agli orfani, con gli scritti e le istituzioni.
Sempre rilevante la cura spirituale dei monasteri, del Terz'Ordine e delle compagnie laicali, specialmente nel passato remoto.
La vocazione missionaria fu diretta costantemente verso la Palestina e adiacenze, sull'esempio del Sarteano e di altri.
Nei primi del Seicento nacque a Livorno il Commissariato di Terrasanta, dove nel tardo Ottocento lavorò l'attivo propagandista p. Remigio Buselli che, oltre ad illustrare alcuni santuari di Gerusalemme e a rivendicare contro le leggi eversive del 1866 la legittimità degli stessi Commissariati, fu, insieme al p. Andrea Lupori, il restauratore della Provincia.
Con la seconda metà del Settecento pochi religiosi ritornarono in Estremo Oriente; vi furono fra
di essi vescovi e martiri insigni e, cresciuto il numero dei
missionari, nel 1930 fu affidato alla Provincia il vicariato poi
diocesi di Sian-fu in Cina, dove poi le cose sono cambiate.
Resistenti invece le missioni dell'America Latina, dove i frati toscani
cominciarono ad andare nell'Ottocento, avviato nei nuovi stati
centro-meridionali e specialmente in Bolivia.
Qui nel 1919 venne affidato alla stessa Provincia il vicariato del
Chaco, ora di Cuevo-Camiri, con i conventi di Tarija e Potosì,
luoghi di studio e di apostolato urbano.
Vi operarono lo scienziato Giuseppe Matraia e gli etnologi-esploratori Giuseppe Giannelli e Doroteo Gannecchini.
Ultima arrivata fu nel 1933 la parrocchia italiana di Tangeri, con annessi scuola e ospedale. Fino al 1925 tutti i missionari sono presenti nel volume Gli Araldi.
Stando ai giudizi dei cronisti ricordati, spesso molto encomiastici
e agiografici, fra gli Osservanti toscani, specialmente dei primi due
secoli, brillò la santità che, come altri aspetti di
vita, ha per esponente e modello S. Bernardino.
I beati Tommaso da Firenze ed Ercolano da Piegaro sono oggetto di culto
pubblico approvato; Pietro da Trequanda e Michele da Barga lo godono in
patria; Silvestro da Siena lo ebbe a Como per oltre un secolo, e
Bartolomeo da Anghiari lo godè a Rumpoli e nel paese
nativo.
Nel Seicento si distinsero: il venerabile Benedetto Bacci a Prato e il
servo di Dio Ruffino dal Bosco di Parma a Firenze, che hanno i processi
iniziati, ma fermi.
Dal 1736 al 1740 visse e morì a Fucecchio S. Teofilo da Corte,
fondatore di quel ritiro, che è stato un cenacolo di
virtù.
Nel nostro secolo ('900) è vissuto e morto a S. Vivaldo il p.
Faustino Ghilardi, scrittore di storia locale di agiografie e di
ascetica, la cui causa è in corso.
Da notarsi però che il titolo di «beato», attribuito a non pochi frati nei Martirologi dell'Ordine, non è sempre giustificato.
I problemi del governo e della formazione ci richiamano a quelli degli archivi, delle biblioteche e della cultura.
È un argomento che accenniamo appena, perché dovremo riprenderlo in sede conclusiva.
Fino all'ufficiale e definitivo insediamento della curia provincializia
ad Ognissanti di Firenze nel 1603, di archivio centrale si può
parlare solo riguardo ai pochi volumi degli Atti
e ad altri pezzi amministrativi o anagrafici, perché le
pergamene presenti sul fondo erano poche e la maggior parte, almeno dal
tempo del Pulinari, risulta conservata alla Doccia di Fiesole e nel
1810 è rifinita all'Archivio di Stato di Firenze.
Ogni convento aveva il suo fondo archivistico, più o meno
consistente, di registri, cronache, carte e pergamene, ma anche questi
depositi nel 1808-10 e 1866 passarono in parte agli Archivi di Stato
della regione.
Altri sono andati distrutti o dispersi e altri si sono salvati e sussistono ancora.
La stessa sorte subirono le biblioteche, che erano buone e omogenee
nelle case di studio e la cui ricomposizione, dopo le soppressioni,
è stata di carattere collettizio e utilitario, specialmente in
materia di scienze sacre.
Così nel tardo Ottocento la cultura profana si va sviluppando
e modernizzando, aumentano i pubblicisti e le loro opere e nel 1904
nasce il periodico Luce e Amore, di indole miscellanea e divulgativa, ma spesso di un certo valore storico e descrittivo.
Nascono anche i bollettini santuaristici, parrocchiali o missionari, e
molti religiosi affrontano gli studi superiori per conseguire lauree o
diplomi e dedicarsi all'insegnamento, a volte pubblico, o all'esercizio
dell'arte.
Inoltre, col sorgere del Bullettino di studi bernardiniani nel 1935, con la pubblicazione delle Prediche Volgari
inedite e di altre ricerche storico-letterarie, la Provincia porta un
valido contributo alla conoscenza del Santo senese e prepara l'inizio
dell'edizione critica a Quaracchi delle Opere Latine di lui, in vista di una sua maggiore e meritata glorificazione.
Infine nel 1919 a Soliera veniva istituito un collegio-convitto con scuole affidate ai religiosi e poi riconosciute dallo Stato.
4. La Stretta Osservanza e la sua Provincia
Intorno all'origine e sviluppo della Stretta Osservanza in Toscana, sono di grande utilità il Pulinari fino al 1582, il Cutigliano fino al 1647, il Terrinca fino al 1680, il Brandeglio fino al 1706, un profilo anonimo edito nello Schematismo del 1933, più alcuni volumi e molti articoli riguardanti persone e cose particolari, pubblicati a parte o nel periodico La Verna-Studi Francescani.
Nel 1538 ai frati desiderosi da tempo di una vita più strettamente ascetica, pauperistica e ritirata, la Provincia Osservante fiorentina assegnò i luoghi di Fontecastello presso Montepulciano, Foiano della Chiana e Cerbaiolo e dal 1543 in poi affidò loro perioclicamente un custode con mansioni protettive e direzionali alle dipendenze dei ministri e dei capitoli provinciali. Nacque così la Custodia Restrictorum, come è chiamata negli Atti della Provincia fino al Seicento inoltrato e che in seguito alla riunione del 1563, si estese lentamente anche ai territori senese e lucchese, come nel distretto di Chiusi e a S. Cerbone.
Accedettero ad essa anche
i conventi di Cortona, Castiglion Fiorentino e Sargiano.
Era di
carattere «recollezionistico», con libertà
vigilata di parteciparvi sempre o a tempo, a seconda delle circostanze
locali e delle esigenze personali.
I nomi di Riforma e Riformati,
già in uso altrove, appariscono per la prima volta dopo il 1580
nel Pulinari.
Nel 1579, in seguito ai decreti di Gregorio XIII, la
Custodia acquistò maggiore autonomia, con facoltà di
eleggersi il custode, di accogliere frati e di celebrare i capitoli in
proprio, ma il comma che impediva ai componenti di tornare indietro non
fu ben accetto e molti rientrarono nei ranghi provinciali.
La crisi si
aggravò nel 1591, perché, quando la Provincia si divise in
due per la seconda volta fino al 1603, anche la Custodia Riformata fu
costretta a fare lo stesso.
Nel 1597, in base alle disposizioni di Clemente VIII, il commissario apostolico Vincenzo da Soncino, venuto in Toscana, il 14 settembre a S. Cerbone e poco dopo nel Senese, previe adunanze e accordi coi rispettivi ministri provinciali e coi rappresentanti delle due Custodie, sciolse la Vecchia Riforma, lasciò liberi di scleta religiosi e conventi e indisse l'istituzione della Nuova Riforma, a carattere «congregazionistico» cioè indipendente, coi luoghi che le sarebbero stati assegnati e i frati che vi avrebbero aderito.
Di qui
parte la narrazione del Cutigliano, primo cronista riformato, che reca
elenchi di conventi, di superiori e di religiosi.
Nel 1597-98 alle due
Custodie furono attribuiti S. Cerbone, Borgo a Mozzano in luogo del
previsto Castelnuovo, S. Francesco di Fiesole, Monte Carlo, Sargiano e
Fontecastello, per la fiorentina; Sinalunga, Cetona, Belverde e
Sarteano, per la senese.
Riformata Custodia unica nel 1603, iniziò il suo definitivo cammino storico con la celebrazione regolare del capitoli, la raccolta degli Atti a registro e delle carte d'archivio, ed ebbe con la Provincia Osservante rapporti capitolari sempre più rari, fino a quando nel 1639, elevata anch'essa a Provincia, questi cessarono del tutto.
Visti così l'origine e il primo sviluppo della Riforma e sorvolando su alcune modeste presenze locali di breve durata, completiamo il quadro topografico degli insediamenti successivi fino al 1898: S. Fiora (1603), dagli Osservanti; Scansano (1606), dalla Provincia Romana; Camaiore (1610); Viareggio (1619); S. Mustiola di Chiusi (1623); Verna (1625), dagli Osservanti per volontà superiore; Lastra a Signa (1638), già dei Minimi.
Dopo i cataloghi del Cutigliano e del Terrinca e premesso che nel 1783, a Montepulciano, Fontecastello fu soppresso e sostituito con S. Agnese già dei Domenicani e che, a Chiusi, S. Mustiola ugualmente soppressa fu sostituita con S. Francesco già dei Conventuali, troviamo: Rocca S. Casciano (1699-1703); Radda in Chianti (1708); S. Detole (1713-15); Borgo Pinti da Firenze (1683 e 1751), dopo varie esperienze come ospizio di Fiesole; S. Salvatore al Monte (1782), dagli Scalzetti o Riformelli del Palatino; Incontro (I782), dagli stessi, che l'avevano fondato nel 1716; Palco di Prato (1782), dagli stessi ma poi soppresso nel 1787; Nicosia di Calci (1782), dai Canonici Regolari; Massa Marittima (1784 e fino al 1810), dagli Osservanti; Vertighe (1816), già dei Camaldolesi; Pisa-Cimitero (1844); Pistoia-Calvario (1869-72); Galceti (1869-73); Chianciano (1875); Quercianella (1884); Figline-S. Romolo (1890), già dei Cappuccini; Pistola-Misericordia (1897).
Da notarsi che, dopo i rivolgimenti leopoldiani e dopo le soppresioni napoleonica del 1810 e italiana del 1866, la Provincia Riformata si riebbe presto e bene con riscatti, nuove fondazioni e sostituzioni in luogo, ma all'atto dell'Unione Leoniana (1897) mancavano all'appello: S. Cerbone, Camaiore, Viareggio e Borgo a Mozzano, perché passati nel 1788 alla Custodia autonoma poi provincia Riformata di Lucca; Massa Marittima e il Palco di Prato, perché perduti per sempre; Scansano, Montepulciano e Chiusi, perché riscattati o sostituiti più tardi.
In seguito alla fusione del 1898 e alle nuove distribuzioni territoriali delle tre Province, poi quattro nel 1911, la situazione restò sconvolta fino al 1916, quando si ritornò sostanzialmente alla fisionomia pre-leopoldiana, con qualche variante che vedremo più sotto.
La Provincia intanto, oltre al riscatto di Scansano (1904) e di Chiusi (1932), aveva ripreso il suo corso di nuove fondazioni o rientri in luogo, tra i quali segnaliamo: Arezzo-Saione (1900); Montepaolo di Romagna (1902); Marina di Pisa (1921); Montepulciano (1923), già degli Agostiniatii; Grosseto (1924), già dei Conventuali; Figline-S. Francesco (1926), già degli stessi; Firenze-S. Francesco (1928), già delle Carmelitane, in sostituzione di Borgo Pinti.
Quando nel 1946 la stessa Provincia accedette alla fusione con l'altra
contava, neIla regione e in Romagna, 32 conventi, dei quali 2
sostituzioni e 5 nuove acquisizioni, avvenute nel secolo presente.
Sorvoliamo sui particolari minori, relativi ad alcuni ospizi o dimore
provvisorie come il convento di Buggiano, pervenuto dalla
Provincia lucchese nel 1916, ma non abitato e poi alienato.
Dal 1603 fino all'elevazione della Custodia autonoma in Provincia Tusciae, Strict. Obs., nel 1639, sono degni di rilievo l'acquisto della Verna nel 1625, che diventò il centro di attrazione e di formazione, e l'accoglienza del sistema custodiale degli Osservanti, con relative alternanze elettorali e, più o meno, con la stessa ripartizione territoriale.
Dal 1709 in poi, per volontà
superiore, dovè prendere l'alta direzione e sorveglianza formale
della Strictior Observantia S. Recessus, cioè degli Scalzetti o
Riformelli del Palatino, già ricordati, fra i quali dal 1709 al
1730 visse in Toscana S. Leonardo da Porto Maurizio, che nel 1716
fondò presso Firenze la «solitudine»
dell'Incontro, come ospizio.
Questi religiosi però si
comportarono sempre da indipendenti, con propri statuti, e i guardiani
dei due ritiri (S. Salvatore al Monte e Palco di Prato) si limitarono a
partecipare ai capitoli provinciali, ma con le loro proposte già
preparate.
Anzi, gli stessi frati, dopo il 1740, tentarono per due volte
di sottrarsi totalmente alla direzione della Provincia, ma
poiché gli Osservanti, conosciute le cause, non li vollero
accogliere, dovettero sottostare a malincuore, dopo qualche sommossa
che dispiacque a S. Leonardo, venuto a Firenze a calmare le acque.
Nel
1742 il granduca ridusse il numero dei non toscani e nel 1782 soppresse
i ritiri, espellendo gli «esteri» e passando religiosi e
conventi alla totale dipendenza giurisdizionale della Provincia stessa.
Pertanto, più che a questa, la storia degli Scalzetti appartiene
alla loro Custodia del Palatino, che nel Lazio sopravvisse fino al
1898.
La stessa sorte toccò agli Alcantarini dell'Ambrogiana,
rimandati in Spagna, e poco dopo, in seguito ai decreti leopoldini del
1788, la Custodia Riformata di Lucca fu costretta a staccarsi dalla
Provincia e a rendersi autonoma, come vedremo più sotto.
Superati i rivolgimenti granducali e napoleonici, la Provincia, che nel
1798, memore della Verna, aveva assunto il titolo di Tusciae Sacrorum
Stigmatum S.P.N. Francisci, Strict. Obs., dovè affrontare quelli
successivi.
Col 1859, abolite da Pio IX le Custodie territoriali,
cessarono di diritto le alternanze e rappresentanze elettorali, ma
restarono di fatto e si manifestarono specialmente dopo il restauro
seguito alla soppressione del 1866.
Si riuscì a stabilire un certo equilibrio delle tre parti, aretine fiorentini e senesi, ma sorsero periodicamente, specie nei capitoli, discussioni vivaci che, falliti gli ordinamenti giurisdizionali del 1898 e 1911, dai quali la Provincia ebbe molto a soffrire, si ripercossero nella vita della stessa, anche dopo il ripristino del 1916, fino alla seconda guerra mondiale e alla penosa visita apostolica, che coinvolse tutta la regione.
L'elenco dei custodi primitivi fino al 1597-1603 è frammentario, perché non furono sempre eletti o non si conoscono, specialmentre i senesi; quello dei successivi e dei provinciali è completo nella cronaca del Cutigliano, è illustrato anagraficamente e protratto dall'editore Rosati fino al 1897 e vi si trovano registrati anche nomi di rilievo per virtù, cultura e uffici superiori.
Il numero dei religiosi, in rapporto al progressivo
aumento dei conventi, deve essere stato assai rilevante, ma negli Atti
e carte d'archivio, che cominciano nel 1603, non è sempre
segnalato debitamente.
Ricorriamo agli Schematismi, pubblicati dal 1891
in poi, che recano i seguenti dati: 1891, n. 482; 1895, n. 478; 1903,
n. 463; 1909, n. 451; 1912, n. 376, perché mancano i fiorentini
e i senesi; 1921, n. 454; 1927, n. 455; 1933, n. 509; 1939, n. 496.
Cifre che fanno pensare ad un passato consistente e, nonostante i
rivolgimenti politici e frateschi, ad un aumento delle vocazioni fino
quasi all'ultima guerra.
Intorno allo sviluppo delle strutture
edilixie non c'è molto da dire, perché queste provengono
dagli Osservanti o da altri Ordini, come abbiamo visto, e ne riflettono
il carattere.
Quelle costruite di nuovo nel Seicento e Settecento
risentono ancora dell'impianto e del sapore osservantino, in forza
della tradizione accettata dai fabbricieri della Provincia.
Infine
quelle dell'Ottocento e Novecento sono meno notevoli e, nelle chiese,
rispecchiano lo stile calligrafico dei rispettivi architetti, di
ispirazione gotica o rinascimentale.
L'organizzazione delle case di studio si è svolta in forma
articolata e settoriale come nella Provincia Osservante, ma sono degne
di menzione quelle costanti di Fiesole, Sargiano e Sinalunga,
dove si formarono e insegnarono lettori, pubblicisti e predicatori,
specialmente dall'Ottocento in poi.
Nel 1816, ad opera del p. Andrea
da Quarata, nacque presso Prato il primo collegio serafico d'Italia,
che dal 1900 trovò un ampio sviluppo in quello di Figline-S.
Romolo.
Per intensificare la predicazione, specialmente deIle
missioni al popolo, lo stesso p. Andrea nel 1853 trasformò
l'eremo dell'Incontro in ritiro e collegio per i missionari indigeni,
di tipo scalzetto e con propri statuti, ad imitazione di S. Leonardo e
dei suoi compagni; istituto che è fiorito fino al secolo
presente inoltrato ('900).
Oltre al detto p. Andrea, fra i non pochi operatori
della parola divina e della cultura sul pulpito, in cattedra e con la
penna, segnaliamo il poligrafo Ermenegildo da Chitignano, i più
conosciuti Agostino da Montefeltro e Teodosio da S. Detole, p.
Saturnino Mencherini raccoglitore di memorie archivistiche e editore di
testi storici, p. Eletto Palandri docente e pubblicista di formazione moderna e p. Teofilo Mengoni fondatore nel 1903 del
periodico La Verna, poi Studi Francescani dal 1914, che col vecchio
titolo continuò come bollettino del Terz'Ordine.
Dal 1933 al
1942 fiorì Crucis vox, organo ufficiale della Provincia e uno
dei primi del genere in Italia.
Tutto questo a modo di esempio, per non
risalire troppo indietro e non scendere troppo in avanti, né a
troppi particolari.
All'apostolato è legata dal Seicento in poi
la cura d'anime e nel 1939 le parrocchie regolari erano 6, più
altre affidate a religiosi singoli, come nella zona della Verna.
L'assistenza agli infermi è più recente, ma nel 1630-33
non pochi frati si dedicarono agli appestati e alcuni vi lasciarono la
vita.
Di questi, come di quelli Osservanti, ne scrisse la storia il
Terrinca.
Più recente ancora è la direzione del Terz'Ordine, delle compagnie laicali e degli istituti di suore, ma originarie è quella dei monasteri di Clarisse e Terziarie Regolari.
Noti per santità di vita furono nel Seicento il servo di Dio
Bartolomeo Cambi da Salutio, trattatista e predicatore emerito; nel
Settecento Egidio da Celle e Francesco M. d'Anchiano; nell'Ottocento
fra Giuseppe Giraldi da S. Baronto, che illustrò il ritiro del
Calvario e ha in corso i processi canonici.
Questi sono stati studiati,
altri se ne potrebbero aggiungere, ma in certi casi le memorie
scarseggiano.
Dal Seicento in poi le vocazioni missionarie si esplicarono nell'Alto
Egitto ed Etiopia in aiuto dei Copti e nel Medio Oriente a favore dei
Latini.
La Missione dell'Alto Egitto fu affidata alla Provincia delle
Stimmate nel 1921; quella di Costantinopoli e adiacenze, nel 1930.
Ambedue godono di ampie illustrazioni storiche.
La Missione della
Cina, dove già dal Settecento operarono i primi inviati insieme
a quelli di altre provenienze, nel 1921-22 si configurò nel
vicariato apostolico poi diocesi di Lao-hokow, che fu assegnato
stabilmente alla Provincia e che già noto per figure ed opere,
nel 1931 fu reso più insigne dal martirio di mons. Ermenegildo
Ricci e compagni.
Poi tutto è cambiato, come vedremo, ma restano
molte memorie edite e inedite.
Oltre che in Terrasanta, dall'Ottocento in poi troviamo missionari sparsi anche in Libia, in Argentina, negli Stati Uniti e in Bolivia, e fra di essi è degno di ricordo il p. Zaccaria Ducci, etnologo-esploratore.
Per gli archivi e le biblioteche, come espressione del governo
dell'insegnamento e della cultura, vale quanto detto sopra,
specialmente in relazione alle loro vicende o allo sviluppo degli studi
superiori, dei gradi accademici e delle pubblicazioni, che sono
state molte.
Dei primi, quello centrale si cominciò a
raccogliere a Fiesole nel secolo scorso, dopo il 1929 venne trasferito
a Firenze e ne fu tentato un primo ordinamento.
Le pergamene
però erano e restarono in gran parte alla Verna e sono
illustrate.
Delle seconde si salvò dalle dispersioni quella
della Verna e conservarono un buono stato di consistenza quelle di
Fiesole, di Sargiano e di Sinalunga.
Nel 1929 a Figline Valdarno, nel
convento di S. Francesco poi debitamente ampliato e adattato, fu
istituito un ginnasio-liceo con convitto, retto dai religiosi e
approvato dallo Stato.
5. Le Province minori
Come già accennato, nel 1788 la Custodia Riformata lucchese si staccò forzatamente dalla Provincia delle Stimmate e si rese autonoma coi conventi di S. Cerbone, Borgo a Mozzano, Camaiore e Viareggio, e prese il nome di Custodia Lucensis S. Joseph, Strict. obs.
Caduti i decreti leopoldini nel 1802, avrebbe dovuto
riunirsi alla Provincia suddetta, ma non lo fece, forse perché
le fu impedito.
Soppressa nel 1808 dall'eversione napoleonica, si
riprese felicemente dopo il 1816.
Nel 1821 perse S. Cerbone a vantaggio
degli Osservanti, ma potè valorizzare l'ospizio di Lucca, che
diventò residenza.
Nel 1847, passato il piccolo Stato Lucchese
al granducato toscano, tentò il rientro nella stessa Provincia
delle Stimmate, ma questo non ebbe seguito per mancanza di intese e
perché ormai, dopo quasi 60 anni i frati non si conoscevano
più.
Continuò a vivere isolata, compressa disciplinata e
con strutture semplificate anche dopo la soppressione italiana del
1866, fino a quando, aumentati i religiosi, nel 1877 fondò a
Buggiano in Val di Nievole un collegio serafico e nel 1891, raggiunto
il numero sufficiente (75 frati nel 1887) fu elevata a Provincia
Tusciae S. loseph, Strict. Obs.
In seguito all'ordinamento del 1898 si trovò aumentata di 10 case nel triangolo occidentale Quercianella, Val di Nievole, Lunigiana e littorale alto-tirrenico e di circa 150 religiosi, provenienti in gran parte dalla Provincia di S. Bonaventura e alcuni da quella di Bologna, che nel 1881 aveva riscattato il convento di Castelnuovo Garfagnana, già dei Cappuccini.
Nel 1898 trasferì e ampliò il collegio
serafico e Soliera e più tardi a S. Cerbone nel 1899 si
insediò nel santuario delle Grazie a Carrara.
Nel 1903 contava
237 frati e nel 1909, 229; conventi 16, ai quali si aggiunse nel 1910
l'ospizio di Montecatini Terme e nel 1914 la parrocchia di S
Nicolò a Villafranca Lunigiana.
L'ospizio di Lucca però, e
più tardi la casa degli ex-Osservanti, furono venduti per
riacquistare il grande convento di S. Francesco.
Sconvolta e ridotta
nei religiosi e nei conventi nel 1911, la Provincia di S. Giuseppe nel
1915 chiese di riunirsi a quella di S. Bonaventura e questa richiesta,
accolta nel 1916, provocò in quello stesso anno il ritorno alle
due sole Province pre-leopoldine.
Gli Atti a registro e le carte
cominciano col 1788; l'archivio, riuscito a salvarsi, non è
grande, ma è completo.
Prima del 1898, a parte di custode poi
vescovo Leonardo Giannotti, non ha avuto figure di rilievo, ma ha dato
alcuni buoni missionari, aumentati dopo quell'anno, fra i quali il p.
Giustino Pacini, vittima per la fede a Derna nel 1908.
Causa dell'ultimo rivolgimento fu, nel 1911, l'istituzione della
Provincia Tusciae S. Bernardini, O.F.M., che danneggiò
gravemente le altre tre.
Creatura artificiosa e sparsa un po' dovunque,
escluso il levante valdarnino e aretino, che non ebbe modo né di
organizzarsi, né di affermarsi, perché, in seguito a
discordie intestine, nel 1914 fu divisa in due Commissariati, Pisano e
Senese, e nel 1916 venne soppressa, con restituzione dei conventi e dei
frati alle due Province residue, ma con strascichi penosi fino al 1922.
Ha lasciato un archivio piccolo, ma completo di registri e carte.
6. La Provincia Toscana O.F.M., di S. Francesco Stimmatizzato
Col decreto generalizio del 13 giugno 1946 le due Province di Toscana, S. Bonaventura e SS. Stimmate, vennero fuse nell'unica Provincia Tusciae O.F.M. a S. Francesco Stigmatizzato.
Il fatto, suggerito dalla
S. Sede e che si estese a quasi tutta la nazione, fu motivato non dalla
visita apostolica ancora in corso, ma dal criterio della coincidenza
provinciale con l'unità regionale, sui riflessi del passato
storico, sotto l'influsso di alcuni religiosi esteri e di alcuni
vescovi; tendenti alla riduzione delle Province italiane per motivi
capitolari i primi, diocesani i secondi.
Previ gli accordi necessari e
con le debite presenze, l'unione fu sancita la mattina del 15 luglio ad
Ognissanti di Firenze e seguita dai primi lavori di organizzazione che,
in diversi incontri, si protrassero fino all'autunno inoltrato.
Prima
di scendere alle vicende principali e agli aspetti particolari, diamo
lo stato di consistenza delle due Province al 14 luglio 1946, riferendo
i nomi dei conventi in relazione al loro passato e alla loro sorte futura fino al momento presente.
Il quadro allora sembrava bello e imponente, anche se mostrava le ferite fìsiche e morali della guerra: distruzioni e dispersioni.
S. Bonaventura: religiosi 395; conventi e residenze 36: Soliera, Villafranca, Carrara (Massa); Castelnuovo Garfagnana, Pietrasanta, Marina di Pietrasanta, Camaiore, Borgo a Mozzano, Lucca, S. Cerbore (Lucca); Pescia, Montecatini, Giaccherino, Pistoia-Ospizio (Pistoia); Pisa, Cascina, S. Romano Valdarno, Volterra (Pisa); Fucecchio, Empoli, S. Vivaldo, Prato, S. Casciano Valdipesa, Ognissanti, Firenze-S. Leone, Bosco, Incisa Valdarno (Firenze); Bibbiena, Cortona (Arezzo); Livorno, Piombino (Livorno); Radicondoli, Poggibonsi, Sienza, Montefollonico (Siena); S. Piero in Bagno (Forlì).
SS. Stimmate: religiosi 417, conventi e residenze 32: Viareggio (Lucca); Pistola-Misericordia, Calvario (Pistoia); Quercianella (Livorno); Marina di Pisa, Pisa-Cimitero, Nicosia (Pisa); Galceti, Lastra a Signa, Firenze-S. Francesco, Firenze Monte alle Croci, Fiesole, Incontro, S. Detole, Figline-S. Francesco, Figline S. Romolo (Firenze); Montecarlo, Vertighe, Sargiano, Arezzo, Verna (Arezzo); Radda, Sinalunga, Montepulciano, Chianciano, Cetona, Chiusi (Siena); S. Fiora, Grosseto, Scansano (Grosseto); Montepaolo, Rocca S. Casciano (Forlì).
Dei frati, molti erano nelle Missioni o fuori della regione per vari motivi, e quelli romagnoli avrebbero dovuto passare di diritto alla Provincia dell'Emilia-Romagna, ma, dopo un primo momento e in seguito alle opzioni, i più restarono o rientrarono in Toscana.
I tre
conventi della Romagna furono ceduti alla Provincia suddetti.
Infine,
il confronto dei complessivi 68 conventi (poi meno 3) con quelli
presenti negli Schematismi del 1939 mostra che il loro numero,
già in aumento dopo il 1916, era rimasto costante, mentre il
confronto dei complessivi 812 religiosi con i 920 elencati negli
stessi Schematismi, denunzia non solo una stasi, provocata dalla
guerra, ma già un incipiente declino delle vocazioni.
Nel febbraio 1947, finita la visita apostolica e sostituita da un
alto
commissario occasionale, fu celebrata la congregazione capitolari e
in essa si diede adito all'unificazione degli uffici doppi, alla
revisione delle case di formazione e di studio, allo sviluppo culturale
e apostolico con la preparazione in molti insegnanti e predicatori, al
regolamento provinciale e alla creazione di alcuni incarichi operativi,
come quello delle vocazioni a mezzo di stampa e propaganda.
Per
disposizioni superiori nacque il bollettino ufficiale Acta Provinciae, dove tutto è documentato annualmente.
Lo
affiancarono gli Schematismi, che furono pubblicati nel 1949 con
profili storici, I957, 1963, 1967 con supplemento nel 1974, 1971.
Da
allora in poi, oltre alla celebrazione dei capitoli, tutto si è
svolto regolarmente con dosaggi e alternanze elettive, almeno in superficie, ma la
scelta e distribuzione del personale non è stata sempre perfetta
e alla vera fusione di esso si è arrivati molto più
tardi.
Nel settembre '57 la Curia provinciale fu trasferita da
Ognissanti a S. Francesco di Firenze con tutti i suoi uffici e
pertinenze.
Col cambiare di uomini e cose, coi rivolgimenti
politico-sociali e con quelli ideologici post-coinciliari, la crisi
riduttiva è entrata nella fase più acuta e non accenna a
fermarsi, nonostante che la riparazione dei danni di guerra, le
possibilità ampliate e l'aumento dei mezzi di trasporto e
comunicazione abbiano favorito le strutture, i contatti e le
attività in tutti i sensi.
Per un sano aggiornamento alle
indicazioni e prospettive di allora, nel settembre 1969 venne celebrato
un capitolo straordinario molto rappresentativo, nacquero gli Statuti
Provinciali e furono prese altre valide iniziative, ma quella delle
piccole fraternità di lavoro, già discutibile e sospetta
in partenza, è finita miseramente.
Nel frattempo, nella vana
speranza di una ripresa, per esigenze locali e per favorire i vescovi,
erano state erette parrocchie regolari a Camaiore, Grosseto, Marina di
Pietrasanta, S. Vivaldo di Pisa, Montecatini Terme, una seconda a
Pietrasanta, un'altra a Marina di Pietrasanta, Olmo-Sargiano, che
insieme alle precedenti 23 raggiunsero il numero di 32, senza contare
quelle secolari, non poche ma oscillanti, affidate al Bosco, alla
Verna, a Soliera o a religiosi singoli.
Intanto la discesa numerica si faceva sentire in modo sempre più
grave a causa dei decessi, delle defezioni e delle scarse vocazioni.
Per questi e altri motivi sono state alienate, cedute o affittate in
attesa di chiusura definitiva le residenze di Montefollonico,
Radicondoli, Scansano, Cetona, Cascina, Marina di Pisa, S. Cerbone,
Nicosia, Calvario, Chiusi, Quercianella, Radda, Villafranca e la nuova
parrocchia regolare del SS. Sacramento a Pietrasanta, oltre ad alcune
secolari affidate «ad tempus» e restituite alle loro
diocesi.
Altrettanti luoghi sono in predicato, per una forzata ma
onorata sistemazione liberatoria non solo in periferia ma anche al
centro della regione.
Non scendiamo alle vendite parziali di terreni e
fabbricati, che sono state diverse.
Per i religiosi parlano gli Schematismi periodici: 1949, n. 795; 1957, n. 698; 1963, n. 595; 1967, n. 507; 1974, n. 410; 1979, n. 391; cifre che sono molto eloquenti, alle quali si aggiunge quella di 350 al 31 dicembre 1980!
Passiamo ora
ai settori particolari.
L'apostolato generale e quello parrocchiale continuano, aggiornati alle
nuove leggi e direttive pastorali, anche se in mezzo a
difficoltà.
Lo stesso si dica di quello assistenziale ad istituti,
ospedali, associazioni e cimiteri, anche se in dimensione più
ristretta.
La predicazione di tipo tradizionale, riorganizzata nel 1947
e florida per circa un ventennio, è venuta meno ed è
stata sostituita prima da forme di propaganda liturgica, poi da corsi
ed espressioni di vario genere a seconda dei casi, non esclusi la
radio e la televisione.
La formazione e l'insegnamento, dopo la revisione riduttiva deI 1955 e
i successivi spostamenti e contrazioni, hanno cambiato carattere.
I
collegi serafici sono scomparsi, le scuole interne di filosofia e
teologia sono state sostituite da quelle pubbliche e dal seminario di
Firenze.
Restano il noviziato della Verna, il convento dii
fraternità per chierici a Fiesole e case di accoglienza o
incontri tra giovani e adulti in vari luoghi.
Persevera in modo nuovo
la propaganda vocazionale, ma con risultati per ora troppo modesti.
Dopo le ideologie post-conciliari e le conseguenti «fughe», la disciplina regolare ha ripreso il suo tono normale, ma con una vila comunitaria più adeguata alle esigenze dei tempi e delle persone e meno formalistica, dove il senso della fraternità e della corresponsabilità trovano i loro centri animatori nei capitoli conventuale e provinciale e negli incontri periodici.
Nonostante la preoccupante flessione numerica e la progressiva riduzione delle scuole interne, la cultura didattica e quella
pubblicistica hanno avuto un notevole sviluppo.
Molti sono stati di
gradi accademici conseguiti in discipline sacre e profane; molti i
docenti nelle scuole pubbliche, nei seminari e negli istituti
superiori, anche fuori di Toscana; molte le pubblicazioni di vario
genere, anche se una ventina di studiosi e scrittori sono scomparsi.
Il
calo c'è stato anche qui, ma ne restano ancora.
Nelle scuole
prevalgono ora quelle di religione; negli scritti, quelli divulgativi e
narrativi, ma non sono mancati di recente buoni lavori di ricerca e di
pensiero.
Al trasferimento della Curia fece seguito e prese l'avvio
definitivo nel 1958 la biblioteca provinciale, miscellanea, ma con
prevalente carattere sacro e francescano.
Alla sua formazione hanno
contribuito le cessioni di vari conventi, lo stato di consistenza
è notevole, ma l'ordinamento è ancora parziale e di
vecchio tipo.
La frequenza dei laici è quasi quotidiana.
Lo
stesso vale per gli archivi delle quattro ex-Province, distinti nei
loro fondi, ma riuniti in un unico locale, ordinati e catalogati.
Ad
essi accedono il fondo delle Missioni e quello delle donazioni o lasciti dei religiosi, ordinati ma in
attesa di inventario descrittivo.
Il vistoso fondo dei conventi,
derivato da numerosi versamenti e composto in gran parte di registri
amministrativi, è ricco di cronache e relazioni storiche.
Infine
l'archivio della Provincia attuale è ancora allo stato di
deposito.
Non più felice come un tempo è la situazione nelle
Missioni.
Nel 1948-50 le diocesi di Lao-ho-kow e di Sian-fu sono state
sconvolte e pressoché distrutte dall'occupazione comunista, che
ha dissestato tutto, cercando, uccidendo, espellendo quanti ha potuto
e facendo vittime illustri, ora ben documentate.
In Alto Egitto nel
maggio 1962 è stata creata una Custodia autonoma, poi
vicarìa, alla quale sono stati iscritti tutti i frati non
italiani e l'annessa Missione con le sue pertinenze.
Sono rimasti sul
posto, debitamente integrati, alcuni missionari della Provincia, che
mantiene col nuovo ente buoni rapporti di assistenza.
Anche in Bolivia, dove i conventi e il vicariato vivono e operano a sufficienza, nell'autunno 1967 è stata eretta una Custodia, che è ancora alle dipendenze della Provincia, ma ha già strutture proprie e se ne prevede non lontano il distacco.
Nella Missione di
Costantinopoli e Grecia è in atto la riduzione del personale e
dei luoghi, per difficoltà ambientali.
Situazione stazionaria a
Tangeri, ma con forte diminuzione dei fedeli italiani.
Tale, a grandi linee e a volo d'uccello, il passato e il presente, lo
stato e il volto dei Frati Minori di Toscana che, per un
ridimensionamento già in corso e in vista della sorte futura,
recentemente «si sono interrogati», pubblicando un volume
di dati, studi, statistiche e altri rilievi analitici, riguardanti la
loro Provincia.
Il lavoro è valido tecnicamente e utile
culturalmente, esprime una lodevole presa di coscienza e di
responsabilità collettiva, ma intanto alla sua efficacia
concreta il discorso è diverso.
Il problema sostanziale è un altro ed è di carattere molteplice, applicato alla regione, sul riflesso di un impianto provinciale pletorico, che ormai tende ad esaurirsi per mancanza di vocazioni e che cerca di stabilirsi in una forma ridotta ma più equilibrata, la quale gli assicuri una decorosa sopravvivenza.