L'Ottocento

 

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Nell’Ottocento, l’Ordine serafico è depresso e fiaccato dalla lotta e dalla persecuzione religiosa, che infierisce spietatamente in tutta l’Europa.
I Francescani - e così anche i religiosi degli altri Ordini - vengono cacciati dai loro conventi, perseguitati e dispersi.
Ma essi, indistruttibili come l’ideale che li muoveva, si sparsero ovunque per subito ricongiungersi.
Smembrati dalla persecuzione, i Francescani apprezzarono meglio la povertà, conseguente alla confisca dei conventi, che poi facilitava l’umile rinascita di essi, e obbedirono più presto di ogni altro al bisogno di riunirsi.
Si deve all’immortale pontefice Leone XIII il merito di avere attuato, sullo scorcio del secolo (1897), quell’unione delle varie famiglie francescane, che rese più forte e compatto l’Ordine dei Frati Minori.

 

Persecuzione e soppressione

La Francia era stata prostrata dalla rivoluzione del 1789, che, con crudeltà inaudite, aveva distrutto i conventi e annientato i frati.
L’Italia, il Belgio, l’Austria e la Germania venivano sacrilegamente sconvolte dalla rivoluzione napoleonica (1802-1810), col saccheggio di chiese e conventi, e con la dispersione dei religiosi.
La sola Spagna restava ancora illesa da questi eccidi e travolgimenti politico-antireligiosi, anzi si affermava sempre più nella sua indipendenza e supremazia.

Nel 1804, con la bolla «Inter graviores», i frati spagnoli avevano ottenuto un proprio superiore generale indipendente: era chiamato vicario, ma poteva considerarsi un vero e proprio generale: tali erano i diritti e i privilegi di cui egli godeva.
In forza di detta bolla, lo stesso generale doveva eleggersi una volta dalla Spagna e una volta dalle altre nazioni, cosicché alla Spagna non mancava mai un superiore generale, sia che si chiamasse ministro o vicario.
E mentre per l’elezione del generale dovevano concorrere tutti i vocali, quella invece, del vicario spagnolo era riservata ai soli nazionali.

Nel 1832 gli spagnoli ottennero da Pio VII, sempre per intromissione del re, ancora un’altra bolla «In suprema», che ordinava la celebrazione di due Capitoli generali ogni sessennio: uno nella Spagna e l’altro in Italia (le altre Provincie dell’Ordine furono completamente escluse).
In questi due Capitoli (ciascuno indipendentemente dall’altro) si sarebbero dovuti eleggere il ministro e il vicario generale una volta da una parte e una volta dall'altra.

Ben presto, però, s’infranse questo privilegiato nazionalismo: venne travolto anch’esso dalla bufera rivoluzionaria spagnola del 1834, che soppresse e distrusse conventi e provincie con dispersione e decimazione dei frati al punto che, mentre prima della rivoluzione essi avevano raggiunto la cifra di circa diecimila, nel 1862 si erano ridotti a soli duecentotrenta.

Dalla Spagna e dal Portogallo la persecuzione si estese alle altre nazioni: in Russia e in Polonia, nel 1831 e 1864; nella Svizzera, nel 1841-1848; in Germania, nel 1875.
In Francia si ripeté il decreto di espulsione dei religiosi, nel 1880 e nel 1903.

In Italia, dopo la soppressione napoleonica del 1810, si scatena quell’altra, non meno infame, del governo italiano del 1866, che ordinava l’abolizione di tutti gli Ordini e Congregazioni religiose, con confisca e incameramento dei loro conventi, delle biblioteche e di altri beni annessi.

A queste persecuzioni, inspirate da odio anticlericale, da ombrosità statali e da cupidigie fiscali, s’aggiunse la campagna denigratoria, che pretendeva seppellire nell’ignominia una gloriosa e splendida attività monastica di bene, di scienza e di carità, dipingendo il religioso come un individuo ozioso, ignorante e parassita.
Il tutto portò l’Ordine francescano quasi alla sparizione: in un secolo si era verificata una riduzione del 90% dei frati.

 

Ricostruzione

Per salvarsi gli Ordini religiosi, sebbene asfissiati dal liberalismo massonico, dovevano agire riscattando conventi, reclutando vocazioni, riorganizzando gli studi, rinserrando le file.
A quest’opera Dio provvide, mandando a tutte la varie famiglie e ai vari rami del Francescanesimo dirigenti egregi, meglio santi, prudenti, abili.

Soppressi i conventi, devastate le biblioteche e gli archivi, spariti gli uomini religiosi, coloro che tornarono dopo le ultime e più devastatrici soppressioni, dovettero mettersi a rifare tutto, incominciando dalla propria cultura e dalla propria preparazione.
Vi furono uomini di questo tempo, che fecero il maestro, il bibliotecario, il predicatore, il guardiano ed anche il cercatore, il cuoco e l’ortolano; dovevano pensare ai bisogni materiali e alla formazione della gioventù; per lo più erano autodidatti e, quel che è peggio per gli studi, poveri, senza risorse di sorta, oppressi da mille cure.

Tra i grandi ricostruttori della Famiglia serafica si distinse l’infaticabile figura di p. Bernardino da Portogruaro, generale dei Frati Minori.
Assunse il generalato nel 1869: cioè in piena soppressione.
Di fronte a tutto quel cumulo di macerie e di rovine materiali e morali, egli non si perdette di coraggio, ma con tutto l’ardore del suo cuore serafico si cacciò nella mischia per salvare il salvabile: riscatta e riedifica i conventi soppressi e distrutti; recluta vocazioni, riorganizza gli studi, ricostruisce le biblioteche, apre collegi.
Corre instancabilmente da una Provincia all’altra e avvicina personalmente i frati: incoraggia i timidi e gli sfiduciati, sprona i fiacchi ed esorta tutti alla osservanza della Regola, alla perfetta vita comune.

Nel 1882 fondò l’«Acta Ordinis», allo scopo di tenere i frati idealmente uniti, con la pubblicazione mensile delle notizie e degli avvenimenti più importanti dell’Ordine.
Favorì e caldeggiò l'opera dei «Collegi serafici», per il reclutamento degli aspiranti alla vita francescana.
Il merito di questa provvidenziale iniziativa spetta al padre Andrea da Quarata, che, nel 1869, senza un centesimo, fidando unicamente nell’aiuto della divina Provvidenza, accoglieva a Prato, nella poverissima casa di un ramaio, i primi sei fratini, mantenuti dall’eroica mendicazione di frate Pellegrino da Badia.

Fu tuttavia per particolare impulso di padre Bernardino da Portogruaro, che questi vivai serafici si moltiplicarono dappertutto.
Da Prato, il piccolo collegio passò poi a Galceti, si propagò in altre Provincie, si diffuse in Italia e all’Estero.

Anche i Cappuccini ebbero il loro «Collegio serafico» nel 1870, per opera di padre Bernardo da Fivizzano; e i Conventuali nel 1882 per opera di padre Bonaventura Soldatich da Cherso.

Accanto a questi piccoli collegi, si innalzavano altre grandi e monumentali istituzioni: il «Collegio di Quaracchi» presso Firenze, nel 1877; e il «Collegio internazionale di S. Antonio» a Roma, nel 1890.
Il primo sorse per preparare l’edizione critica delle opere di s. Bonaventura: lavoro difficile e faticoso, affidato al padre Fedele da Fanna, con la collaborazione di altri dotti confratelli, i quali, dopo una diligente ed accurata revisione e correzione, ristampavano le opere bonaventuriane coi tipi della tipografia, impiantata nello stesso «Collegio di Quaracchi», per suggerimento di quell’altro grande francescano, che fu il padre Ludovico da Casoria.
Il «Collegio Internazionale di S. Antonio», in via Merulana, sorse, invece, come centro di studi per la formazione degli insegnanti di scienze sacre e dei missionari.
Qui fu poi trasferita la Curia generalizia dei frati Minori, essendo stata espropriata dal governo quella di Aracoeli.

Anche i Conventuali e i Cappuccini aprirono a Roma un proprio «Collegio di studi internazionali»: uno dedicato a s. Bonaventura (i Conventuali), l'altro a s. Lorenzo da Brindisi (i Cappuccini).

S’inizia così un vero movimento di risveglio e di risorgimento dalle macerie della soppressione.
I Francescani riprendono con maggior lena e con più intenso fervore il loro cammino di paziente ricostruzione; si ricongiungono, si riorganizzano, rinascono a vita novella.

 

Unione

Dopo la bufera e lo smembramento causato dalla persecuzione religiosa, all’interno dell’Osservanza si sentì il bisogno di riunire le energie rimaste: anche perché poche erano ormai le differenze di vita tra i rami dell’Osservanza.

L’unica àncora di salvezza e di prosperità per la grande Famiglia francescana era l’unione, la fratellanza, la concordia degli spiriti: unità di forze, di governo, di vita, senza privilegi e particolarismi.

Nel Capitolo generale dell’Osservanza, del 1862, essendosi parlato dello stato attuale dell’Ordine, si accennò alla necessità dell’unione di tutte le famiglie francescane sotto uno stesso generale con l’unico nome di «Francescani»; ma la proposta non fu bene accolta, o meglio, passò sotto silenzio; i tempi non erano ancora maturi.

La questione fu ripresa nel 1889, e poi nuovamente presentata e discussa nel Capitolo generale di Assisi del 1895.
I pareri erano diversi: alcuni favorevoli, altri contrari.
Fatta la votazione segreta, la maggioranza dei voti risultò per l’unione.

Il sommo pontefice Leone XIII promulgò, allora, la celebre bolla «Felicitate quidam» del 4 ottobre 1897, decretando la fusione delle «Quattro Famiglie francescane»: Osservanti, Riformati, Recolletti, Alcantarini, dando all’unica Famiglia l’appellativo di «Ordine dei Frati Minori».

Solo i Conventuali e i Cappuccini non parteciparono a tale unificazione: essi continuarono a vivere nella loro indipendenza, con organizzazione e legislazione propria.

Nella suddetta bolla, il papa, dopo avere accennato alle varie cause delle divisioni e discordie interne, ne suggerisce i rimedi, abolendo qualsiasi particolarismo e distinzione. Richiama tutti i frati all’unità di vita e di intenti, perché ciò è ciò che desidera il serafico Fondatore e conforme alla volontà di Dio.

«Tenere salda l'unità dell’Istituto - così si esprime il papa -, ecco il proposito principale e costante di Francesco d'Assisi; e ne abbiamo la conferma dal suo discepolo Tommaso da Celano, dove dice essere stato in lui assiduo desiderio e attento studio di custodire nei Frati il vincolo della pace, in modo che coloro i quali furono tratti da un medesimo spirito e generati dal medesimo Padre, pacificamente riposassero nel grembo della madre medesima... Unità, quindi, della vita comune nel più stretto significato della parola, sicché formi un solo ed unico corpo… Si vuole, dunque, ridare vigore e saldezza all’Ordine minoritico, ponendo fine alla dispersione delle forze». (Cfr. Acta O.F.M. , a. 1897, p. 185.188).